Tua vivit imago - volume 3

L ET IMPERIALE vius est quam ut sentiri tanta velocitas possit: sive fauces nodus elisit, sive spiramentum aqua praeclusit, sive in caput lapsos subiacentis soli duritia comminuit, sive haustus ignis cursum animae remeantis intersc dit, quidquid est, prope rat. Ecquid erubescitis? quod tam cito fit timetis diu! . percepirne la rapidità . sive... sive: correlazione se... o se ; sono elencati quattro modi di morire rapidamente: impiccagione, annegamento, caduta da grande altezza, soffocamento da fumo. Le modalità comprendono i quattro elementi (aria, acqua, terra, fuoco), dunque intendono essere onnicomprensive. in caput... comminuit: costruisci duritia subiacentis soli comminuit lapsos in caput, la durezza del suolo spacca la testa di chi cade ; lapsos è participio sostan- tivato di labor. Ecquid: avverbio interrogativo, con erubescetis futuro indicativo, E non arrossirete? . quod... diu: quod è soggetto di fit; nota l antitesi cito / diu: una cosa che avviene tanto rapidamente, voi la temete tanto a lungo! . Analisi del testo Seneca avvocato degli dèi Questo passo è sorprendente, in quanto Seneca attribuisce al dio la giustificazione del male e del suicidio; d altra parte, il De providentia viene presentato come un orazione difensiva in favore della divinità ( Farò una cosa facile, l avvocato degli dèi , 1, 1), dunque in questo contesto l intervento del dio corrisponde a quanto avveniva nei processi romani, e cioè che l accusato prendesse la parola. La conclusione del discorso qui riportata si struttura come segue: elogio della sopportazione come tratto per cui l uomo supera il dio; disprezzo delle avversità (par. 6); praticità e facilità nel trovare la via d uscita, ossia la morte (parr. 7-8); rapidità della stessa, di cui perciò non si deve avere paura (par. 9). Dunque le avversità quotidiane, che avevano occupato gran parte dell argomentazione, vengono qui ridotte a poche righe, un elenco asindetico introdotto dall anafora dell imperativo contemnite disprezzate , mentre il dio si focalizza sulla morte, che da avversità peggiore di tutte, com era stata presentata precedentemente, si trasforma in una liberazione da ogni avversità. Si tratta infatti se inteso come il momento preciso del distacco dell anima dal corpo di un evento semplice, rapido e quasi indolore, che consente di sfuggire a qualsiasi angheria della sorte, dunque garantisce la libertas (par. 7). Ovviamente questa idea sottintende la concezione del corpo carcere dell anima propria della filosofia platonica. Di questa morte Seneca fornisce una rappresentazione sacrale, attraverso il riferimento all uccisione delle vittime dei sacrifici (par. 8), offrendo quindi una sorta di giustificazione religiosa del suicidio; infine, ne presenta vari esempi, correlati ai quattro elementi naturali (par. 9, v. note), per sottolineare come ogni parte della natura possa essere sfruttata a questo proposito. Uno stile militaresco In questo caso, il filosofo non fa ricorso a metafore, ma utilizza un linguaggio abbastanza diretto e crudo, volutamente differente da quello dell argomentazione precedente, appunto perché attribuito a un personaggio diverso dall autore. Questo dio, più che umanizzato e paterno, è brusco e ruvido, e i toni, così come la riduzione della morte a cosa da nulla, sono propri dell esortazione del generale ai soldati. Laboratorio sul testo COMPRENSIONE 1. Quali sono i mali che il dio indica come da disprezzare? Come vengono presentati (anche da un punto di vista stilistico) e quali sono le ragioni che inducono la divinità a considerarli trascurabili? Sapresti riconoscere le dottrine filosofiche sottese a un tale pensiero? 2. Dal paragrafo 7 prende avvio quella che è stata definita apologia del suicidio . In che modo, secondo il dio, questo estremo gesto viene giustificato e reso facile? Perché l uomo non deve temere la morte? 92

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale