Tua vivit imago - volume 3

30 35 sum dicere nihil perdere, sed quid perdam et quare et quemadmo dum dicam; causas paupertatis meae reddam. Sed eve nit mihi quod plerisque non suo vitio ad inopia redactis: omnes ignoscunt, nemo succurrit. 5. Quid ergo est? Non puto pauperem cui quantulumcumque superest sat est; tu tamen malo serves tua, et bono tempore incipies. Nam ut visum est maioribus nostris, sera parsimonia in fundo est : non enim tantum minimum in imo sed pessimum iacet. Vale. CITAZIONE FINALE Non poche lettere, soprattutto fra le prime trenta, contengono una citazione finale, spesso da Epicuro. In questo caso, forse anche per non disorientare Lucilio fin dall inizio della corrispondenza con un riferimento alla corrente filosofica rivale , Seneca ricorre invece alla saggezza popolare, sempre legata all immaginario economico. La chiarezza e l inoppugnabilità del precetto servono a ribadire l urgenza di utilizzare al meglio il poco tempo a nostra disposizione. vada perduto, ma sono in grado di dire quanto tempo perdo, perché e come lo perdo; posso cioè spiegare i motivi della mia povertà. Capita anche a me, come alla maggior parte della gente caduta in miseria senza sua colpa: tutti sono disposti a scusare, ma nessuno viene in aiuto. 5. E che dunque? Per me non è povero del tutto colui che, per quanto poco gli resti, se lo fa bastare. Ma tu, fin d ora, serba gelosamente tutto quello che possiedi; e avrai cominciato a buon punto, poiché ci ammoniscono i nostri vecchi «è troppo tardi per risparmiare il vino, quando si è giunti alla feccia . Nel fondo del vaso resta non solo la parte più scarsa, ma anche la peggiore. Addio. (trad. G. Monti) Non possum... dicam: Non posso dire di non perdere nulla, ma so cosa perdo, e perché, e come: posso riferire le ragioni della mia povertà . Nota la ripetizione dei due verbi disposti in chiasmo*: prima gli infiniti dicere perdere, poi perdam (congiuntivo presente) e dicam (indicativo futuro); da quest ultimo dipendono le interrogative indirette: Seneca sa cosa (quid), perché (quare) e come (quemadmo dum) ha perso il suo tempo. paupertatis: esprime la mancanza o scarsità di mezzi, non la povertà assoluta, in latino egestas. eve nit... plerisque: nota il parallelismo* mihi... plerisque; è sottinteso il verbo della relativa, capita a me ciò che 88 (capita) a molti . omnes... succurrit: antitesi omnes/nemo. 5. Quid ergo... iacet cui... est: dalla relativa cui... sat est dipende la relativa indefinita quantulumcumque superest, (colui) a cui basta il poco che gli avanza . Accontentarsi del poco è atteggiamento filosofico; tuttavia, in questo caso non è ideale, come Seneca spiega poco dopo. malo serves: malo è costruito con il semplice congiuntivo, preferisco che tu conservi ; servo nel senso di conservare ricorre già al par. 1 come esortazione. bono tempore: è il momento opportuno ; Lucilio infatti è più giovane di Seneca di circa dieci anni, dunque ha ancora del tempo davanti a sé. maioribus nostris: i maiores, i grandi del passato, sono chiamati in causa per la saggezza: Come dicevano i nostri antenati ; quello citato è infatti un proverbio. sera... est: è tardi per risparmiare, se si è arrivati a raschiare il fondo ; fundus fa riferimento al fondo della botte, dove il vino rimasto è di pessima qualità in quanto mescolato alla feccia (il residuo della spremitura dell uva). non enim... iacet: infatti, sul fondo non rimane solo una minima parte, ma anche la peggiore ; l immagine del fondo della botte allude ovviamente alla vecchiaia.

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale