T7 ITA - Una fame arrabbiata e i "cibi nefandi"

Il contesto letterario Una nuova letteratura per un epoca nuova T7 «Una fame arrabbiata e i «cibi nefandi durante l assedio di Roma tratto da Epistulae, 12 italiano La lettera 127 (Ad Principiam virginem, de vita sanctae Marcellae) è un epistola scritta da Girolamo da Betlemme nel 413 d.C. a seguito della morte di Marcella, della quale Principia (destinataria dello scritto) è stata figlia ed erede spirituale. 5 10 15 [ ] arriva una terribile notizia dall Occidente: Roma è assediata; a prezzo d oro viene riscattata la vita dei cittadini, ma una volta spogliati sono di nuovo accerchiati, e così oltre ai loro beni perdono anche la vita.1 La voce mi muore in gola e i singhiozzi interrompono le parole mentre detto.2 La città che aveva conquistato l universo intero cade sotto l occupazione nemica, anzi muore di fame prima che di spada: è un miracolo che se ne siano trovati alcuni pochi da far prigionieri. Una fame arrabbiata ha spinto i cittadini a cibi nefandi: si sono sbranati l un l altro, membro a membro; le mamme non hanno risparmiato i propri figli ancora lattanti e si sono rimesse nel ventre quei bimbi che poco prima ne erano usciti.3 Di notte Moab è stata presa; e di notte il suo murò crollò.4 O Signore, le genti hanno invaso la tua eredità, hanno profanato il tuo Tempio santo, hanno ridotto Gerusalemme a guisa d un capanno campagnolo. Hanno dato i cadaveri dei tuoi servi in pasto agli uccelli dell aria, le membra dei tuoi santi alle bestie della terra: hanno versato il loro sangue, come fosse acqua, intorno a Gerusalemme, e non v era chi li seppellisse.5 «Chi potrà dire con semplici parole il massacro avvenuto in quella notte e i morti che ci sono stati? Può, uno, aver lacrime sufficienti per un dolore come quello? Un antica città, per secoli dominatrice del mondo, va in rovina. Per le strade e nelle case si trovano sparsi alla rinfusa cadaveri a non finire: ovunque ci si specchia nella morte .6 (trad. M.E. Bottecchia Dehò) 1. arriva vita: il riferimento è all assedio del 408 e del 409 d.C. dai quali i Romani si salvarono a prezzo d oro e ricchezze che non servirono però a evitare il saccheggio del 410 d.C. 2. interrompono detto: formulazione con la quale l autore esplicita dolore e sgomento personali che si riflettono nell impossibilità di meditare sulle Scritture e quindi persino sull attività esegetica. Con il verbo dettare (dicto) nell antichità si intende la fase vera e propria di composizione, inclusiva della dettatura perlopiù affidata, ma non esclusivamente, a una seconda persona che trascrive quan- to esposto a voce/dettato dall autore e scrittura del testo. 3. Una fame usciti: riferimento alla pratica ignobile di cannibalismo o del cibarsi di cadaveri e di corpi in fin di vita per sopravvivere all assedio che taglia il rifornimento alla città; si tratta di un dettaglio macabro che frequentemente viene proposto in letteratura (per esempio ricorre anche in altri contesti, come nella descrizione della fame che consuma i cittadini ateniesi durante la peste narrata da Lucrezio nel sesto libro del De rerum natura). 4. Di notte Moab crollò: citazione scritturale dal Libro di Isaia 15,1. 5. O Signore seppellisse: citazione dal Libro dei Salmi e precisamente da Ps. 78,1-3. La ripresa del testo del Salmo si combina con quella precedente, ugualmente tratta dalla Bibbia. 6. Chi potrà dire nella morte: citazione di Virgilio, Eneide II, 361-365 e 369. L inserimento della fonte classica si innesta senza cesure a seguito della combinazione di due citazioni scritturali, a testimonianza della capacità e versatilità di Girolamo nel far dialogare a livello di costruzione del testo le due culture. 751

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale