Tua vivit imago - volume 3

complanatorem tumidu lae gingivu lae, converritorem pridianae reliquiae, ne qua visatur tetra labes sordium, restrictis forte si labellis rise ris. 15 20 25 4. Quaeso, quid habent isti vorsus re aut verbo pudendum, quid omnino quod philosophus suum nolit videri? [ ] 7.1. Vidi ego dudum vix risum quosdam tenentis, cum munditias oris videl cet orator ille aspere accusaret et dentifricium tanta indignatione pronuntiaret, quanta nemo quisquam venenum. 2. Quidni? Crimen haud contemnendum philosopho, nihil in se sordidum sinere, nihil uspiam corporis aperti immundum pati ac fetulentum, 3. praesertim os, cuius in propatulo et conspicuo usus homini creberrimus, sive ille cuipiam osculum ferat seu cum quiquam sermocinetur sive in auditorio dissertet sive in templo preces alleget. LESSICO VARIEGATO La lingua di Apuleio accoglie un lessico assai diversificato, che comprende arcaismi di gusto poetico (vorsibus), neoformazioni (nitelas, candificum, complanatorem, converritorem), frequenti diminutivi (pulvisculum, tumidu lae gingivu lae, labellis) ed espressioni caratteristiche della lingua parlata (Quidni?). PARADOSSI Nella prosa di Apuleio è frequente il ricorso al paradosso: nel caso specifico dell Apolog a, al fine di mettere in ridicolo le accuse che gli vengono rivolte. Così, è paradossale che Calpurniano presenti come prova una lettera che dimostra, viceversa, l innocenza di Apuleio (rr. 3-5); e ugualmente paradossale, da un altro punto di vista, è che un dentifricio susciti un indignazione ancora maggiore di quella che susciterebbe addirittura un veleno. che appiana il gonfiore della gengivetta, che spazza via i resti del pranzo del giorno prima perché non appaia alcuna traccia di sporco se riderai con le labbruzza aperte. 4. Ora io domando che cosa hanno questi versi nella sostanza o nella forma di cui ci sia da vergognarsi e che un filosofo non vorrebbe far propri? [ ] 7.1. Ho visto che poco fa certuni a stento trattenevano le risate, mentre l avvocato si scagliava con tutta furia contro la nettezza dei denti e pronunciava la parola dentifricio con lo sdegno che nessuno metterebbe nel dire veleno . 2. Come no? Deve essere accusa ben gradita a un filosofo se non permette che ci sia su di sé alcunché di sozzo, se non sopporta che alcuna parte visibile del suo corpo sia sudicia e male odorosa: 3. soprattutto la bocca, che, collocata in bella evidenza ed esposta agli sguardi, è l organo di cui si serve l uomo in continuazione, sia che baci una persona, sia che parli con qualcuno, sia che discuta in pubblico, sia che reciti le preghiere nel tempio. (trad. G. Augello) 7. Vidi ego alleget tenentis: accusativo plurale in -is concordato con quosdam. cum accusaret et pronuntiaret: entrambi i congiuntivi dipendono dal cum narrativo e hanno per soggetto orator ille, con il pronome usato in modo deittico e con una sfumatura ironica. tanta indignatione venenum: tramite la coordinazione dei due aggettivi tanta quanta , riferiti entrambi a indignatio, si costruiscono due proposizioni parallele: per la traduzione è necessario dunque non 628 solo riprendere il sostantivo in ablativo, ma anche il verbo (pronuntiaret): [ille orator] dentifricium tanta indignatione pronuntiaret, quanta [indignatione] nemo quisquam venenum [pronuntiaret]. Quidni?: l avverbio è formato dal pronome interrogativo quid e dall avverbio ni e significa perché no? , usato come forma di risposta breve a una domanda. Crimen philosopho: in questa proposizione è contenuta una costruzione perifrastica passiva che letteralmente si può tradurre: un filosofo non deve disprezzare l accusa ; dal verbo contemno dipendono poi le infinitive oggettive che seguono (nihil sinere, nihil pati). in propatulo et conspicuo: i due sostantivi indicano rispettivamente un luogo pubblico o allo scoperto e un qualcosa di ben visibile , che desta attenzione . sive seu sive sive : con la ripetizione della congiunzione disgiuntiva (nota la variatio* introdotta da seu) Apuleio enumera le possibili alternative rispetto all uso della bocca.

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Età imperiale