Tua vivit imago - volume 3

L autore Tacito 15 20 25 30 35 40 45 loro dove fossero i precetti della saggezza, e dove quelle meditazioni che la ragione aveva dettato per tanti anni contro le fatalità della sorte.2 A chi mai, infatti, era stata ignota la ferocia di Nerone? Non gli rimaneva ormai più, dopo aver ucciso madre e fratello,3 che aggiungere l assassinio del suo educatore e maestro. 63.1. Come ebbe rivolto a tutti queste parole ed altre dello stesso tenore, abbracciò la moglie e, un po commosso dinnanzi alla sorte che in quel momento si compiva, la pregò e la scongiurò di placare il suo dolore e di non lasciarsi per l avvenire abbattere da esso, ma di trovare nel ricordo della sua vita virtuosa dignitoso aiuto a sopportare l accorato rimpianto del marito perduto. La moglie dichiarò, invece, che anche a lei era destinata la morte, e chiese la mano del carnefice. 2. Allora Seneca, sia che non volesse opporsi alla gloria della moglie, sia che fosse mosso dal timore di lasciare esposta alle offese di Nerone colei che era unicamente diletta al suo cuore: Io ti avevo mostrato , disse, come alleviare il dolore della tua vita, tu, invece, hai preferito l onore della morte: non sarò io a distoglierti dall offrire un tale esempio. Il coraggio di questa fine intrepida sarà eguale per me e per te, ma lo splendore della fama sarà maggiore nella tua morte . Dette queste parole, da un solo colpo ebbero recise le vene del braccio. 3. Seneca, poiché il suo corpo vecchio ed indebolito dal poco cibo offriva una lenta uscita al sangue, si recise anche le vene delle gambe e delle ginocchia, ed abbattuto da crudeli sofferenze, per non fiaccare il coraggio della moglie e per non essere trascinato egli stesso a cedere di fronte ai tormenti di lei, la indusse a passare in un altra stanza. Anche negli estremi momenti non essendogli venuta meno l eloquenza, chiamati gli scrivani, dettò molte pagine, che testualmente divulgate tralascio di riferire con altre parole. 64.1. Ma Nerone, non avendo alcun rancore personale contro Paolina, diede l ordine di impedirne la morte perché non s accrescesse l odiosità della sua ferocia. All imposizione dei soldati, i servi e i liberti legando le braccia trattennero il sangue a lei che non sappiamo se di tutto ciò avesse o no la sensibilità. 2. Poiché il volgo è sempre incline a credere le cose peggiori, non mancarono coloro che credevano che fino al momento in cui ebbe ragione di temere l implacabilità di Nerone Paolina aspirò alla gloria di unire la sua morte a quella del marito, poi, colto un barlume di speranza di più mite sorte, fu vinta dalle lusinghe della vita. Visse ancora pochi anni, conservando sacra memoria del marito, nel volto e nel corpo bianco di quel pallore che era segno palese della vitalità perduta. 3. Seneca, frattanto, protraendosi la morte lenta, pregò Anneo Stazio4 da lungo tempo amico suo e famoso per l arte medica, di propinargli quel veleno5 già da tempo provveduto, col quale si facevano morire gli Ateniesi condannati in pubblico giudizio. Avutolo, lo trangugiò invano perché il 2. contro le fatalità della sorte: al tema Seneca si era dedicato fin dalle consolatio nes (ad Marciam, ad Helviam matrem, ad Polybium) come anche in seguito (nell E pistula 63, per esempio, aveva consolato Lucilio per la morte dell amico Flacco). 3. madre e fratello: Agrippina e Britannico (à T15). 4. Anneo Stazio: il personaggio non è altrimenti noto, ma il gentilizio Anneo lascia immaginare che potesse trattarsi di un liberto di Seneca. 5. quel veleno: la cicuta. 561

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Età imperiale