La riflessione moralistica

L autore Giovenale La riflessione moralistica T5 Non son più tempi per comporre tratto da Satire III, 7, 1-7; 17-32; 48-68 italiano La sezione iniziale della settima satira è tutta costruita attorno al tema dell impossibilità per un poeta di vivere della propria poesia contando su patroni affidabili. Il discorso è immediatamente impostato sulla contrapposizione con i tempi passati, nei quali non solo l imperatore, ma anche una serie di figure di ricchi e dotti mecenati procuravano da vivere ai letterati. Questi ultimi ora possono contare solo sull imperatore, ma vivono in una frustrante condizione di indigenza. 5 10 15 20 La speranza e la ragione stessa degli studi non sono che in Cesare; lui solo ha rivolto lo sguardo alle Camene, così meste di questi tempi, quando ormai poeti celebri e rinomati provavano a prendere in appalto un bagnetto a Gabi e forni a Roma, e altri non consideravano né vergognoso né turpe farsi banditori, quando ormai Clio, abbandonate le valli di Aganippe, migrava affamata sotto i portici delle aste.1 [ ] Ma d ora in avanti nessuno sarà costretto a sopportare una fatica indegna dei suoi studi, fra quanti intessono parole melodiose nelle armonie del canto e hanno gustato l alloro. A questo dovete dedicarvi, o giovani. Rivolge tutt attorno il suo sguardo, vi sprona e cerca materia per sé, la benevolenza del principe. Se invece pensi di doverti aspettare da qualche altra parte un sostegno per le tue sostanze, e a questo scopo si riempie la pergamena della tua gialla pagina, cercati in fretta del legno, e i versi che componi donali al marito di Venere,2 o Telesino,3 oppure chiudi i tuoi libretti e lascia che, così riposti, siano sforacchiati dalle tarme. Povero infelice, spezza il calamo e cancella le battaglie su cui hai passato le tue notti, tu che componi carmi sublimi in un angusto stanzino, per diventar degno di una corona d edera e di un busto macilento. Non resta nessun altra speranza; il ricco avaro ha imparato ormai a dare, a chi sfoggia eloquenza, soltanto ammirazione, soltanto lodi, come fanno i bambini con l uccello di Giunone.4 [ ] Ma noi comunque ci sottoponiamo a tutto questo, e tracciamo solchi nella polvere sottile, e rivoltiamo la sabbia con sterile aratro. Se infatti provi a cambiar strada, col suo laccio ti trattiene l abitudine a una malsana ambizione; molti trattiene l inguaribile cancro dello scrivere, invecchiando nel cuore malato. Ma il poeta straordinario, che non abbia una vena volgare, che non sia solito dare alla luce banalità e 1. quando ormai Clio aste: immagine con la quale Giovenale descrive la condizione del poeta costretto a lasciar tutto e dedicarsi ad altre arti; il riferimento va per assimilazione alla Musa Clio (la Musa della storia), costretta letteralmente a traslocare dal monte Elicona, dove risiede con le sorelle, per andarsene in cerca di impiego. 2. marito di Venere: metonimia* per indicare il fuoco (il marito di Venere è infatti Efesto, colui che forgia con le fiamme le armi, il dio fabbro), al quale il poeta deve condannare i suoi versi e le pagine ingiallite. 3. Telesino: nome generico di un poeta, preso come interlocutore al quale si rivolge l autore. 4. l uccello di Giunone: è il pavone, la cui coda gemmata si pensava derivasse dal fatto che la dea aveva sparso su di essa gli occhi del guardiano Argo ucciso da Ercole. 473

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale