Tua vivit imago - volume 3

L autore Marziale Non hic Centauros, non Gorgo nas Harpyiasque 10 invenies: hominem pagina nostra sapit. Sed non vis, Mamurra, tuos cognoscere mores nec te scire: legas Aetia Callimachi. hic: qui , vale a dire nell opera di Marziale. Centauros Gorgonas Harpyias que: gli accusativi dipendono da invenies al v. 10: qui non troverai . Il poeta menziona tre categorie di mostri mitici: i centauri, metà uomini metà cavalli; le Gorgoni, donne con serpenti al posto dei capelli; le Arpie, esseri con corpo di uccello e testa di donna. hominem sapit: sententia che racchiude efficacemente il carattere della poesia marzialiana; ho- ! repetita iuvant à p. 390 minem (l accusativo dipende da sapit, usato transitivamente) si contrappone qui ai mostri mitologici elencati nel verso precedente. non vis: regge i successivi infiniti cognoscere e scire. Mamurra: l interlocutore di Marziale, per il quale vedi la nota al qui del v. 1. te scire: un allusione alla proverbiale espressione conosci te stesso (gnòthi seautòn in greco) che si trovava all ingresso del tempio dell oracolo di Apollo a Delfi. legas: e allora leg- giti ; congiuntivo esortativo. L occorrenza del verbo in chiusura del componimento si ricollega a quelle dei vv. 1-2 e 8. Aetia Callimachi: gli Aetia ( itia in greco, cause ) erano una raccolta di componimenti poetici del grande poeta ellenistico Callimaco (320/310-240 a.C.) in cui venivano indagate le origini di una serie di culti e tradizioni; Marziale menziona l opera come esempio di poesia lontana dalla vita di tutti i giorni. Analisi del testo Un linguaggio mimetico Lo stile di Marziale sa adattarsi come un guanto all occasione concreta offerta dall epigramma: questa eccezionale capacità mimetica è particolarmente evidente nella prima parte del componimento, dove per criticare un tipo di letteratura astrusa e artificiosa il poeta ricorre a un linguaggio altrettanto alto e ricercato. Lo dimostrano la struttura ad anello, scandita dalle occorrenze del verbo lege re (ai versi 1-2, 8 e 12); la martellante anafora del pronome interrogativo quid; l uso di termini rari (caligantem, v. 1; dorm tor, v. 4; quest ultima parola è un hapax* e sembra essere un neologismo coniato da Marziale) e di grecismi morfologici (gli accusativi Oedipo den e Thyesten, v. 1). La scelta degli esempi non è meno curata: il componimento si apre con quattro nomi da tragedia , una coppia di uomini ( dipo, Tieste) e una di donne (Medea, Scilla), tutti autori di terribili delitti familiari; seguono sei giovani protagonisti di varie vicende mitiche, tre menzionati insieme al v. 3 (Ila, Partenopeo e Attis) e poi uno per verso ai vv. 4-6 (Endimione, caro, attraverso un elegante perifrasi*, ed Ermafrodito). Chiudono l elenco mitologico tre categorie di esseri mostruosi (centauri, Gorgoni, Arpie, v. 9) che preparano il ricercato contrasto con l affermazione programmatica la nostra pagina sa di uomo . Gli ultimi due versi, una sorta di appendice polemica, rivelano l insistenza di Mamurra nel suo errore: Marziale conclude ironicamente invitandolo a leggersi Callimaco, considerato chia- ramente il massimo esponente di questa letteratura che non ha nulla a che fare con la vita e i mores degli esseri umani. L ombra di Stazio Anche in questo componimento, come già notato per l epigramma VIII, 3 (à T3), la polemica implacabile di Marziale contro la poesia di argomento mitologico ha forse un bersaglio preciso, che andrebbe individuato ancora una volta nel poeta epico Stazio (à p. 332), contemporaneo dell epigrammista. In questo caso gli indizi sembrano più consistenti, e chiamano in causa la lingua e lo stile dell epigramma: l accusativo Oedipo den, infatti, fino all epoca di Marziale è attestato oltre che qui solo in tre passi della Tebaide, poema epico di Stazio; similmente i participi cal gans (v. 1), exu tus e labens (v. 5) sono dei veri e propri marchi di fabbrica di Stazio, che li impiega molto spesso nelle sue opere; e alla Tebaide sembra rimandare anche la citazione di Partenopeo, uno dei sette eroi che secondo il mito parteciparono alla spedizione contro Tebe, che è proprio la vicenda narrata nel poema staziano. Data la reticenza di Marziale nel citare esplicitamente Stazio, è impossibile stabilire una volta per tutte se la polemica sia davvero indirizzata contro il suo collega epico; ciò che è certo è che i due poeti erano in competizione negli stessi ambienti per ottenere fama, sostegno e visibilità, circostanza che aggiunge forse un tocco personale a una antipatia che potrebbe non essere stata soltanto letteraria. 389

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Età imperiale