Tua vivit imago - volume 3

L autore Stazio Inarimen Aetnamve putes. Pudet ista timere caelicolas; sed cum in media vertigine mundi stare virum insanasque vident deposcere pugnas, 920 mirantur taciti et dubio pro fulmine pallent. Coeperat Ogygiae supra fastigia turris arcanum mugire polus caelumque tenebris auferri: tenet ille tamen, quas non videt, arces, fulguraque attritis quotiens micue re procellis: 925 «His ait «in Thebas, his iam decet ignibus uti, hinc renovare faces lassamque accendere quercum . Talia dicentem toto Iove fulmen adactum corripuit: primae fuge re in nubila cristae, et clipei niger umbo cadit, iamque omnia lucent 930 membra viri. Cedunt acies, et terror utrimque, quo ruat, ardenti feriat quas corpore turmas. pioggia (accurruntque imbres). Stygias putes: lo scenario descritto è una sorta di fine del mondo: il rimbombo del tuono è simile a quello che si potrebbe sentire se Giàpeto, imprigionato nel Tartaro da Crono, si liberasse, o se esplodessero l isola di Inàrime e il vulcano Etna, sotto i quali erano stati sepolti Tifèo ed Encèlado, dopo che avevano combattuto invano contro l Olimpo. La carrellata di miti è inserita in maniera generica e rivolta a un ipotetico interlocutore (putes, penseresti che ), per vivacizzare la narrazione. Supera ad convexa levari vale per si sollevassero fino alle alte volte del cielo . 917-920. Pudet ista pallent Gli dèi celesti (caelicolas) si vergognano di temere tali minacce (pudet ista timere; ista si riferisce alle parole di Capàneo), ma quando vedono (sed cum vident) quell uomo alzarsi dritto (stare virum) in mezzo alla vertigine dell universo (in media vertigine mundi) e cercare insensate battaglie (insanasque deposcere pug nas), osservano ammutoliti (mirantur taciti) e impallidiscono (pallent), incerti del fulmine (dubio pro fulmine) . Gli dèi, tradizionalmente rappresentati come privi di passioni, sono qui descritti come sconvolti dal furor e dalla follia del protagonista. L incertezza della decisione di Giove e quindi del fulmine punitore sembra lasciare spazio a un esito diverso, creando un effetto di drammatica attesa nel lettore. in media mundi: la formulazione rinvia alla catastrofe del mondo conseguente al rimbombo del tuono e all addensarsi di nubi sulla terra. 921-924. Coeperat Ogygiae procellis Questi versi hanno la duplice funzione di amplificare l effetto di attesa dell esito finale del passo precedente e di riportare l attenzione del pubblico sull azione di Capàneo: egli infatti continua a tenere in suo possesso la città (tenet arces) nonostante l avanzata delle tenebre, segno dell imminente ira di Giove, che interviene per Tebe. Ogygiae turris: il nesso rinvia a Tebe: l aggettivo ha valore generico per tebano in riferimento a Ogìge, primo mitico re della città e, secondo alcune versioni del mito, padre di Cadmo. arcanum: l aggettivo è utilizzato qui con il senso di oscuro , ma con una sfumatura di occulto e misterioso. auferri: infinito presente passivo di aufe ro. quotiens: introduce la subordinata temporale fulgura procellis, che dipende dalla principale il cui verbo è ait collocato al v. 925. micue re: forma arcaica e poetica per micue runt. 925-926. His quercum La tracotanza spinge Capàneo, nella sua follia, a invocare le fiamme del fulmine per distruggere ancor più radicalmente Tebe (in Thebas, his iam decet ignibus uti, contro Tebe è bene usare questi fuochi ), in un tentativo estremo di sostituirsi alla decisione e all intervento del padre degli dèi e con la volontà empia di cancellare qualsiasi traccia della città stessa. hinc quercum: intendi: hinc da qui (cioè con queste fiamme) è bene (sott. decet) rinnovare le fiaccole e accendere la quercia inclinata . Il riferimento è alla torcia di legno di quercia con la quale Capàneo aveva dato l assalto alla torre. 927-931. Talia dicentem turmas Ta lia corripuit: un fulmine scagliato (adactum, da ad go) da Giove con tutta la sua potenza (toto Iove) si abbatté (corripuit, da corr p o) su quello mentre così parlava (talia dicentem) . Capàneo non termina la sua sfida e viene fulminato mentre sta ancora proferendo le ultime blasfeme parole, nel proposito di violenza estrema verso Tebe e nell insensata pretesa di contrastare la decisione divina. primae fuge re membra viri: all intervento del padre degli dèi segue la descrizione della rovina del corpo del protagonista, che è smembrato dal fulmine e dal quale prima schizza via (fuge re = fuge runt) nel cielo l elmo (cristae, metonimia*), poi cade il nero umbone che ricopriva lo scudo e quindi le membra infuocate si disperdono (lucent, risplendono per le fiamme). Ce dunt acies corpore turmas: la fine di Capàneo, nella sua drammatica teatralità, lascia attoniti entrambi gli schieramenti, che indietreggiano (cedunt) impauriti per la loro sorte e non sanno dove cadano le parti del corpo, divenute, a loro volta, armi che colpiscono indistintamente le schiere contrapposte (il soggetto sottinteso di ruat e feriat è Capàneo). 355

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Età imperiale