Tua vivit imago - volume 3

L ET IMPERIALE 25 30 35 4. E ogni altro essere sente la propria natura: chi impara a correre velocemente, chi a volare con celerità, chi a nuotare. L uomo invece non sa far nulla, nulla che non gli sia insegnato: né parlare, né camminare, né mangiare; insomma, per sua natura, non sa fare altro che piangere! Perciò molti hanno pensato che la cosa migliore fosse non nascere, oppure morire al più presto.1 5. Solo all uomo, fra gli esseri viventi, è stato dato il pianto; solo a lui il piacere, che si manifesta in infiniti modi e nelle forme proprie alle singole parti del corpo; solo a lui l ambizione, l avidità, una smisurata voglia di vivere, la superstizione, la preoccupazione della sepoltura e anche di ciò che gli accadrà dopo la morte. Nessuno ha una vita più precaria, né maggiore brama di ogni cosa; nessuno è preda di angosce più disordinate, né di un furore più violento. In conclusione gli altri animali vivono bene tra i propri simili. Li vediamo aggregarsi ed opporre resistenza contro le specie diverse; ma i leoni non sono spinti dalla loro ferocia a combattere contro altri leoni, il morso dei serpenti non assale altri serpenti, e neppure i mostri marini e i pesci incrudeliscono, se non contro specie differenti. Invece, per Ercole, all uomo la maggior parte dei mali è causata da un altro uomo. (trad. G. Ranucci) 1. morire al più presto: è una massima che si legge in diversi autori antichi; celebri sono, soprattutto, i versi dell Edipo a Colono (1224-1227) di Sofocle (V secolo a.C.): «Non essere nati è condizione che tutte supera; ma poi, una volta apparsi, tornare al più presto colà donde si venne, è certo il secondo bene (trad. R. Cantarella). Analisi del testo Centralità dell essere umano e sue debolezze Con questo celebre brano si apre il VII libro della Naturalis historia, dedicato all antropologia. Dopo aver indagato sull origine e la natura del mondo e dei fenomeni naturali e sulla cosmologia (libro II) e dopo aver trattato di varie questioni di geografia (libri III-VI), Plinio inizia a parlare degli esseri viventi, riservando il principio, di diritto, all essere umano principium iure tribuetur homini , giacché la natura sembra aver generato ogni cosa in sua funzione. In cambio di un così grande privilegio, però, essa ha imposto all uomo patimenti e difficoltà: unico essere a nascere nudo e indifeso, in completa balia delle intemperie, capace, senza esservi istruito, soltanto di piangere, egli è anche il solo a provare paure e angosce, il solo a sentire piacere, il solo a possedere la predisposizione a nuocere ai propri simili. Impossibile dire dunque, come Plinio fa prontamente notare, se la natura sia stata per l uomo una madre benevola o una crudele matrigna. 314 Tra pessimismo e provvidenzialità Questo genere di amare considerazioni sulla difficile condizione umana non era certo estraneo alla letteratura classica precedente, a partire quanto meno dalla tragedia greca la dolorosa constatazione secondo cui sarebbe meglio, per l uomo, non essere mai nato oppure, una volta nato, morire il prima possibile, ripropone, per esempio, una celeberrima massima dell Edipo a Colono di Sofocle (vv. 1224 ss.) per arrivare ai più recenti e illustri rappresentanti del pensiero filosofico romano, come Cicerone, Lucrezio e Seneca, finendo per influenzare in maniera molto significativa lo sviluppo di quella corrente laica e pessimista che caratterizza la riflessione occidentale e a cui appartengono tanti importanti artisti e pensatori, come Leopardi. Questa riflessione in Plinio appare però compensata, come già in Cicerone e in Seneca, dalla fede, di matrice stoica, nella provvidenza della natura, nella quale si incarna il lògos, e dalla convinzione che all uomo spetti una posizione privilegiata all interno

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale