INTRECCI STORIA - La distruzione del tempio di Gerusalemme

Il contesto storico Dai Flavi all età aurea storia La distruzione del tempio di Gerusalemme I primi rapporti tra Romani e Giudei risalgono al 63 a.C., anno in cui il generale Gneo Pompeo, nel mezzo delle sue campagne militari in Oriente, si intromette nella guerra civile che dilania quel popolo. La Giudea viene progressivamente trasformata in provincia, ma si rivela di difficile gestione: i governatori inviati da Roma per amministrare il territorio non conoscono le dinamiche sociali che muovono la popolazione, né le caratteristiche della religione ebraica; per questi motivi si rivela una regione instabile e puntualmente agitata da rivolte e sommosse. Le tensioni accumulate sfociano in una ribellione dell intera provincia in risposta alla strage di quasi 4000 giudei da parte dell allora governatore Gessio Florio. Per sedarla, nel 66 d.C. l imperatore Nerone invia i suoi due migliori generali, Vespasiano e Tito, per ristabilire il controllo. I ribelli giudei basano la loro strategia sul metodo della guerriglia, frazionando gli scontri in tutto il territorio e rendendo difficile e straordinariamente costoso, in termini di legionari impiegati e di risorse economiche, reprimere i disordini. Solo nel 70 d.C. Tito si impadronisce di Gerusalemme e distrugge il tempio; nel 73 d.C., con l abbattimento della fortezza di Masada, ha inizio la diaspora del popolo ebraico. Francesco Hayez, La distruzione del tempio di Gerusalemme, 1867. Venezia, Gallerie dell Accademia. Ecco il resoconto dalla Guerra giudaica (V 6, 1, 257) dello storico ebraico Giuseppe Flavio (37/38100 d.C.), che assiste agli eventi: La città [di Gerusalemme] venne abbattuta dalla rivoluzione, poi i Romani abbatterono la rivoluzione, che era molto più forte delle sue mura; e di questa disgrazia si potrebbe attribuirne la causa all odio di chi si trovava al suo interno, ai Romani il merito di aver ripristinato la giustizia. Ma ognuno può pensarla come crede, vedendo come accaddero i fatti realmente. dalle truppe, e soprattutto si è reso necessario stabilire, attraverso la legge, natura e modalità di trasmissione di un potere che a Vespasiano non è giunto per via ereditaria: in tal senso va interpretata la lex de imperio Vespasiani, una legge che formalizza l attribuzione a Vespasiano di tutte le prerogative acquisite da Augusto e dai successori. In questo modo si cerca di consolidare l idea di un princeps che sia un tutore della res publica e delle sue leggi, e non un sovrano assoluto. Tito e Domiziano Vespasiano vive fino al 79 d.C.; come previsto, il suo posto viene preso dal figlio Tito (79-81 d.C.), che però muore appena due anni dopo. Il suo breve principato è funestato da tre grandi calamità: un incendio distrugge ampie zone di Roma, l impero è colpito da una grave pestilenza, e infine si verifica la famosa eruzione del Vesuvio che distrugge Pompei, Ercolano e le altre città circostanti, e causa la morte di Gaio Plinio Secondo detto il Vecchio (à p. 308). Alla scomparsa di Tito, il potere passa al fratello minore Domiziano (81-96 d.C.). Del suo principato le fonti ci hanno lasciato una descrizione pessima, segno di come il rapporto fra il princeps e la nobiltà senatoria si basi sempre su un equilibrio altamente precario. in breve L impero di Tito dura solo 2 anni. Gli succede Domiziano, che organizza spettacoli pubblici e consolida i confini dell impero, ma regna da despota e viene assassinato. 283

Tua vivit imago - volume 3
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Età imperiale