PLUS - Attori stolti e attori saggi (ancora sul destino)

L ET IMPERIALE Attori stolti e attori saggi (ancora sul destino) Seneca insiste spesso sulla necessità di demolire le apparenze di cose e persone per poterne valutare la vera natura: gli uomini, per esempio, vanno spogliati delle loro ricchezze e del loro potere, perché quelli sono elementi esteriori, che non caratterizzano la loro anima. Come quello che incede sul palco con scettro e corona è in realtà uno schiavo pagato a giornata, così i potenti che temiamo e ammiriamo, se guardati senza le insegne del loro potere, sono meschini e infelici. La stessa morte, che tanto ci spaventa con il suo apparato di sofferenze e sangue, tolto questo apparato è una cosa da nulla, tanto è vero che la disprezziamo ogni volta che ci concediamo una scorpacciata di funghi. Dunque, la nostra vita dovrebbe essere tesa a smascherare le apparenze, perché solo l autentica natura di ciò che ci circonda ci permette di comprendere come è giusto comportarsi. E tuttavia, a fronte di questa ricerca della verità a tutti i costi, Seneca ci fornisce incessanti esortazioni a recitare la parte che il destino ci ha assegnato, quale che sia. Perché? Perché il ruolo che abbiamo nella vita non dipende da una nostra scelta ma dal fato: non abbiamo scelto dove nascere, da quali genitori, in quali condizioni economiche e sociali, con quale aspetto fi- sico e con quali capacità intellettuali, né dipendono da noi gli eventi che ci capitano; tutto questo ha influenzato ogni nostra decisione; il fato dunque è come un regista, e noi siamo gli attori del dramma della vita. Date queste premesse, l imperativo dello stoicismo è seguire la natura , e la natura è guidata dal fato, ossia regolata da leggi immutabili in ogni sua parte. Di fronte a questo stato di cose, ribellarsi è l atteggiamento dello stolto: non si tratta di ingiustizie ma di leggi (che peraltro tendono a migliorare l universo nel suo complesso), e se le combattiamo, dal momento che sono immutabili, ci condanneremo a una vita di frustrazioni infinite, mentre se le accettiamo, addirittura come se le avessimo desiderate noi per primi, allora riusciremo a raggiungere la serenità, ossia l assenza di turbamento (à T17). Il saggio, dunque, è come un attore che recita al meglio la parte a lui assegnata dal destino. Il che non vuol dire condannarsi all immobilismo psicologico e sociale lo stesso Seneca, da ricco ma oscuro provinciale, era divenuto consigliere del principe ma accettare quello che non dipende da noi, ossia gli eventi, e lavorare su quello che è in nostro potere, ossia il nostro animo, per trarre il meglio da ogni situazione (à T15). Anonimo, Maschere italiane della commedia dell arte, XVII secolo. Milano, Museo Teatrale alla Scala. 138

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale