Fino a noi - Seneca, Lucrezio e l’uomo contemporaneo

L autore Seneca realtà (par. 8). Allo stesso modo, per comprare un cavallo o uno schiavo, non bisogna farsi ingannare dai paramenti, ma guardare il corpo nudo, perché spesso le vesti intendono mascherare dei difetti (parr. 9-10). Questo vale anche per giudicare sé stessi: non bisogna basarsi sul giudizio altrui, superficiale e legato ai beni apparenti, ma sull autenticità della nostra anima (par. 10). La verità non proviene mai dall esterno L utilizzo della metafora dell attore, da parte di Seneca, è particolarmente originale, perché si lega non solo alla realtà della recitazione antica, in cui tutti gli attori erano schiavi e venivano truccati pesantemente per interpretare personaggi regali, ma anche a quella delle compravendite al tempo dei Romani: in questo caso, animali e schiavi, significativamente posti sullo stesso piano (infatti gli schiavi erano considerati alla stregua di animali da lavoro), venivano fatti spogliare, perché i mercanti cercavano di nascondere con le vesti alcuni difetti fisici. L aspetto esteriore, dunque, non solo copre l autenticità della persona, ma assume precisamente la funzione di occultarne gli aspetti peggiori. Le vesti, in quanto coperture esteriori al corpo che ricoprono, si prestano perfettamente a simbolo del ruolo sociale ed economico che ciascuno occupa nella società, interpretato come del tutto ininfluente sul piano del valore autentico. Il dovere di ciascuno è valutare gli altri a prescindere da tutto questo, solo per la loro interiorità: e fare così anche con sé stessi. L uomo tende infatti a giudicare sé stesso in base agli elogi e alle critiche degli altri, ma anch essi fanno parte del bagaglio esteriore che va eliminato per arrivare alla conoscenza di sé. Mettiti alla prova Laboratorio sul testo ONLINE Fino a noi Seneca, Lucrezio e l uomo contemporaneo I n un recente libro intitolato Quando la vita ti viene a trovare. Lucrezio, Seneca e noi (2018), di cui ti proponiamo un estratto delle pagine introduttive, il latinista Ivano Dionigi riflette sull attualità del pensiero di questi autori, esponenti di due filosofie per tanti aspetti opposte (l epicureismo e lo stoicismo), ma accomunate dal tentativo di dare risposta alle grandi domande sul senso dell esistenza e su quale sia la forma di vita ideale o più felice. Il mondo classico, caratterizzato dalla centralità della ragione e dal culto dell equilibrio, cos ha in comune con questo nostro mondo eccentrico, senza più un centro, e ametrico, senza più una misura? [ ] Le parole di Lucrezio e Seneca come possono interessare l uomo tecnologico dei nostri giorni che, catturato e frastornato dall immensa rete dello spazio, ha smarrito la strada del tempo? Siamo testimoni e, nostro malgrado, più spettatori che protagonisti di una mutazione antropologica che ci rende estranee e superate persino parole che ritenevamo uniche, inalterabili e insostituibili: come padre e madre. [ ] Di fronte a questi scenari il pensiero sembra segnare il passo e soffrire di anoressia; come se stessimo smarrendo alcuni fondamentali. come se all improvviso scontassimo tutta la complessità e drammaticità della parola latina finis, il vero nome dell uomo: «la fine da patire, «il fine da raggiungere, «il confine da oltrepassare. Nel contempo avvertiamo l assenza di un télos, un disegno, che, riattivando la spina della storia, tiri un filo fra passato e futuro, fra memoria e progetto, fra trapassati e nascituri; e avvertiamo, altresì, la mancanza di un di logos, un intesa fra i diversi mondi, linguaggi, saperi: un orizzonte e uno sguardo panoramico da affidare a un nuovo umanesimo, inteso non come l altra metà del pensiero o come l altro punto di vista rispetto al versante scientifico-tecnologico, bensì come pensiero lungo che tenga insieme e spieghi i diversi punti di vista. I tempi spiegano la mutazione in atto: ma chi spiega i tempi? Quel mondo classico, quell Atene e quella Roma, quel Lucrezio e quel Seneca possono essere nostri interlocutori: non perché abbiano risolto tutti i problemi e quindi s impongano come modelli; ma, più semplicemente, perché ci hanno preceduti nelle nostre stesse domande; perché, allergici al pensiero unico, ci hanno prospettato concezioni diverse e rivali del mondo; perché, pur da sponde opposte, hanno sperimentato, in solitudine e in autonomia, cosa significa sopportare la verità quando la vita ti viene a trovare. [ ]. Questi interlocutori, oltre a ricordarci come eravamo, ci dicono anche come potremmo essere. 137

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale