T6 ITA - Confessioni di un nobile stressato

L autore Seneca T6 Confessioni di un nobile stressato tratto da De tranquillitate animi 1, 1-9; 17 italiano Il De tranquillitate è l unico dei cosiddetti dialoghi di Seneca ad avere una struttura almeno parzialmente dialogica. Si apre infatti con un monologo di Sereno, il destinatario, che pone la questione come si raggiunge la serenità? , a cui Seneca risponde nella rimanente parte del dialogo. Il discorso di Sereno sembra quello del moderno paziente di uno psicoanalista: parla infatti di indagine dentro sé stesso . Egli percepisce dei miglioramenti nel suo atteggiamento, ma facilmente ricade nei suoi vizi: per esempio, si compiace della sua sobrietà nel vestire, nel mangiare e nel viaggiare, ma poi si rode d invidia di fronte all esibizione del lusso altrui. Il passo mette molto bene in luce il pericolo rappresentato dalla società: è il confronto con gli altri immersi nel lusso, ingiustamente famosi o potenti, destinatari di fortune immeritate che ci fa soffrire, e rimpiangere le nostre scelte di moderazione e sobrietà. Ovviamente, si tratta di una valutazione superficiale: le fortune altrui sono solo apparenze che celano angosce inespresse; e tuttavia non possiamo negare che l invidia per queste persone ci tocca e fa vacillare i nostri buoni propositi. Questa descrizione, che non manca di autoironia, rappresenta perfettamente la condizione della maggior parte degli uomini, che non sono del tutto asserviti al vizio, ma neppure saldamente ancorati alla virtù: proficientes, uomini in cammino verso la filosofia, li definisce Seneca (à p. 75). 5 10 15 1. Sereno Ad una scrupolosa indagine dentro me stesso,1 mi apparivano, Seneca, i miei vizi,2 certuni chiaramente visibili, da poterli afferrare con la mano, certi altri più nascosti in profondità, altri ancora non presenti di continuo ma ricorrenti a intervalli, che arriverei a definire più spiacevoli, come nemici che cambiano sempre luogo, e giungono addosso approfittando delle occasioni, senza consentire né di tenersi pronti come in guerra né di essere al riparo da ansie come in pace.3 2. Tuttavia, la disposizione d animo che soprattutto sorprendo in me perché, infatti, non dovrei confessarti la verità come ad un medico4? è di non essere né sinceramente liberato di quei vizi che temevo ed odiavo, né d altra parte loro schiavo; se da un lato la condizione in cui mi trovo non è la peggiore, dall altro essa è quanto mai capace di strapparmi lamenti di insoddisfazione: né sono malato né sto bene. 3. Non è il caso di dirmi che di tutte le virtù gli inizi sono delicati, che solo con il tempo si aggiunge loro irrobustimento e solidità; non ignoro che anche ciò che serve a dar lustro, intendo la posizione nella vita pubblica, e la fama dell eloquenza e tutto quanto incorre nel favore altrui, prende vigore con il volgere del tempo: sia ciò che procura forze autentiche, sia ciò che, allo scopo di piacere, si dà per così dire il belletto, stanno per anni in attesa che, a poco a poco, un lungo trascorrere di tempo faccia prendere un bel colorito. Ma io temo che la consuetudine, la quale apporta immutabilità alle cose, mi configga più in profondità questo vizio;5 e così sia per i 1. Ad una me stesso: Sereno ha già imparato la lezione fondamentale della filosofia: tutto parte dalla conoscenza di sé. 2. i miei vizi: come spesso in Seneca, i vizi sono rappresentati come oggetti, o meglio esseri animati che risiedono nella nostra anima. 3. come nemici in pace: ancora una volta Seneca ricorre alle immagini belliche: il nemico più insidioso è quello che non si riesce mai a battere definitivamente. 4. medico: il filosofo è un medico dell anima, altra immagine frequentissima. 5. questo vizio: il vizio in questione è l oscillare fra i buoni propositi e le vecchie abitudini. 103

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale