Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO Tity rus Urbem quam dicunt Romam, Meliboee, putavi 20 stultus ego huic nostrae similem, quo saepe solemus pastores ovium teneros depellere fetus: sic canibus catulos similes, sic matribus haedos noram; sic parvis componere magna solebam. Verum haec tantum alias inter caput extulit urbes, 25 quantum lenta solent inter viburna cupressi. Meliboeus Et quae tanta fuit Romam tibi causa videndi? Tity rus Libertas, quae sera tamen respexit inertem candidior postquam tondenti barba cadebat; respexit tamen et longo post tempore venit, 30 postquam nos Amaryllis habet, Galatea reliquit. Namque, fatebor enim, dum me Galatea tenebat, nec spes libertatis erat, nec cura pecu li: 19-21. Urbem depellere fetus Seppure solenne e caratterizzata da un ritmo marcatamente spondaico, la risposta di Tìtiro esprime la sua ingenuità di campagnolo che visita per la prima volta la città di Roma e che la crede simile alla città a lui nota, ovvero Mantova: io, stolto, o Melibèo, credetti la città che chiamano Roma simile a questa nostra, dove spesso noi pastori siamo soliti condurre i teneri piccoli del gregge . stultus: predicativo di ego, pronome personale enfaticamente posposto all aggettivo. nostrae: si deve sottintendere urbi. depellere fetus: fetus significa, letteralmente, i parti , ma qui indica per metonimia i piccoli . invece controverso il valore di depellere: per alcuni vale condurre (i teneri piccoli) , per venderli al mercato; per altri vale svezzare (= depellere a lacte) e quindi il verso andrebbe ritoccato con la correzione di quo, avverbio, in quoi (forma arcaica per cui, con valore di dativo di vantaggio) e inteso in questo modo: per la quale città noi solitamente svezziamo i piccoli . La scelta migliore è forse quella di percorrere una via di mezzo, intendendo così il verso: staccare i piccoli (dal seno della madre) , di modo che possano essere venduti al mercato. 22-25. sic canibus cupressi noram: forma sincopata per noveram (piuccheperfetto logico) da cui dipendono le due infinitive, entrambe ellittiche di esse (catu- 82 los similes [esse] canibus e haedos [similes esse] matribus). sic parvis solebam: così solevo paragonare le cose grandi alle piccole ; espressione proverbiale che si ritroverà anche in Georgiche IV, 176. Verum: ha valore avversativo ( ma in verità ). haec: sottintende urbs ( questa città , cioè Roma). tantum: è in correlazione con quantum, al verso successivo. alias inter: anastrofe. Alias è concordato, in iperbato, con urbes, posto in clausola di verso. extulit: indicativo perfetto di effe ro, indica un azione iniziata nel passato, ma i cui effetti proseguono nel presente ( ha sollevato il capo e quindi predomina ). quantum cupressi: quanto sono soliti i cipressi [sollevarsi] tra i molli viburni . 26-30. Et quae reliquit Et quae videndi: costruisci: Et quae tanta causa videndi Romam fuit tibi. Tibi è dativo di possesso (lett. e quale ragione tanto importante fu a te , cioè avesti ); il gerundio videndi è retto da causa. Libertas: Tìtiro si era recato a Roma per ottenere l emancipazione. Libertas è un sostantivo astratto, ma indica la libertà quasi come un entità divina personificata: non a caso respexit è verbo comunemente usato in latino per indicare il volgersi dello sguardo benigno di un dio sulla terra. sera: aggettivo predicativo del soggetto Libertas, con valore concessivo ( benché tardiva ). inertem: predicativo dell oggetto me, sottinteso: volse lo sguar- do su [di me], inerte . candidior cadebat: dopo che la barba, più bianca, cadeva quando la radevo . Tìtiro è già avanti nell età. Tondenti presuppone un sottinteso mihi ( a me che la radevo ); cadebat è imperfetto di consuetudine e sottolinea la ripetitività dell azione del pastore. respexit: stessa forma verbale usata al v. 27, anche qui accompagnata dall avverbio tamen, ora postposto. Amaryllis Galatea: sono nomi di pastorelle desunti dagli Idilli di Teocrito (in particolare, Galatea è, negli Idilli 6 e 11, la ninfa amata dal ciclope Polifemo). 31-35. Namque dextra redibat fatebor enim: lo confesserò ; frase parentetica di matrice colloquiale. dum tenebat: finché Galatea mi teneva in suo possesso . nec pecu li: frase costruita con il dativo di possesso, è infatti sottinteso mihi: non avevo speranza di libertà, né cura del guadagno . Peculium è termine tecnico del lessico giuridico derivato da pecus ( gregge ) e indicante, nel diritto romano, il piccolo patrimonio che il pater familias concedeva solitamente al figlio o a un servo, perché lo potesse amministrare, ma non possedere; qui, nel designare verosimilmente l usufrutto del gregge consentito dal padrone al suo servo rurale Tìtiro, introduce un tratto di crudo realismo, in quanto notazione di carattere tutt altro che poetico sullo status socio- economico del personaggio.

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea