PLUS - Il ritratto di un protagonista della storia:

L ET DI AUGUSTO in breve Il rapporto di Livio con Il rapporto con il regime augusteo Sappiamo da Tacito che, nei perduti libri dedicati il regime augusteo alle guerre civili, Livio elogiava non soltanto Pompeo ma anche gli stessi cesaricidi, Bruto è problematico: pur e Cassio; a Cremuzio Cordo, la cui opera è condannata al rogo sotto Tiberio (nel 25 d.C.) sostenendo la concordia interna ripristinata dal perché vi vengono esaltati questi ultimi due personaggi, Tacito attribuisce infatti queste paprinceps, lo storico role: «Tito Livio, illustre sopra tutti per doti di eloquenza e di attendibilità, esaltò Gn. Pomelogia Pompeo e i peo con lodi così grandiose, che Augusto lo chiamava pompeiano: né questo nocque alla cesaricidi e si distacca loro amicizia. Ed egli stesso nomina ripetutamente, quali uomini insigni, Scipione [Quinto dalla visione dell impero di Augusto come nuova Cecilio Scipione, suocero di Pompeo], Afranio [Lucio Afranio, luogotenente di Pompeo in età aurea. Spagna], e questo Cassio, e questo Bruto: né in alcun luogo li chiama briganti e parricidi, titolo coi quali ora si vuole siano qualificati (Annales IV, 34, trad. A. Arici). Questa sua fama di pompeiano potrebbe apparire contraddittoria rispetto a quella sintonia con la cultura Il ritratto di un protagonista della storia: Scipione Africano Grande rilievo nel racconto liviano è dato, tra le molte figure simboliche, in particolare ai condottieri di maggiore spicco. Così, la narrazione della seconda guerra punica è dominata da due grandi personaggi: Annibale, del quale è riconosciuta la grandezza ma gli sono attribuiti tutti i peggiori vizi umani (à T14), e Scipione Africano, che, a differenza del primo, non è descritto in un vero e proprio ritratto, ma mostra le proprie eccezionali doti e virtù nel corso dello svolgersi degli eventi. Se Annibale è la negazione vivente di tutte le virtù romane, Scipione ne è l incarnazione: nella versione liviana il suo comportamento è sempre improntato al rispetto della clementia, della fides e della pietas. Ed è proprio il suo assoluto rispetto per i valori della tradizione, e in particolare della religione, a conferirgli un enorme autorevolezza e un aura quasi divina agli occhi dei soldati: «Fu infatti Scipione non solo ammirevole per reali doti, ma anche tratto fin dalla giovinezza a ostentarle con arte singolare, presentando la maggior parte delle sue azioni alla gente come ispirate da visioni notturne o suggerite da avvertimenti divini, o fosse egli stesso posseduto da superstizione, o volesse che i suoi comandi e i suoi consigli, quasi emanati dal responso di un oracolo, avessero immediata esecuzione. A tutto ciò preparando gli animi fin dal principio quando prese la toga virile, non fece mai nessun atto pubblico o privato senza recarsi prima al Campidoglio, entrare nel tempio e sedervi, e, per lo più solo, ivi in disparte passare qualche tempo. Questa sua usanza, ch egli conservò tutta la vita, fece sì che alcuni prestarono fede alla credenza diffusa forse ad arte forse a caso ch egli fosse di stirpe divina [ ]. Ed egli stesso non smentì mai la credenza in quei prodigi; la favorì anzi con la particolare arte di non negare che ci fosse stato qualcosa di simile e neppure di apertamente confermarla. Molti altri fatti dello stesso genere, alcuni veri altri inventati, avevano nei riguardi di quel giovane ecceduto i limiti dell ammirazione che si può nutrire per un uomo; e appunto fondandosi su quelli la città affidò allora a un età immatura una sì grossa impresa e un sì alto comando (Ab Urbe condita XXVI, 19, 3-6, trad. G. Vitali). Bottega di Andrea della Robbia, Scipione Africano (particolare), 1500-1510. Vienna, Kunsthistorisches Museum. 588

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea