Tua vivit imago - volume 2

L autore Ovidio Sensit, ut ipsa suis aderat Venus aurea festis, vota quid illa velint, et, amici numinis omen, flamma ter accensa est apicemque per a ra duxit. 280 Ut rediit, simulacra suae petit ille puellae incumbensque toro dedit oscu la: visa tepere est; admo vet os iterum, manibus quoque pectora temptat: temptatum mollescit ebur positoque rigore subsidit digitis ceditque, ut Hymettia sole 285 cera remollescit tractataque pollice multas flectitur in facies ipsoque fit utilis usu. Dum stupet et dubie gaudet fallique veretur, rursus amans rursusque manu sua vota retractat; corpus erat: saliunt temptatae pollice venae. 290 Tum vero Paphius plenissima concipit heros verba, quibus Veneri grates agat, oraque tandem 277-279. Sensit a ra duxit L aurea Venere (Venus aurea), dato che (ut) era presente (aderat) lei in persona (ipsa) alla sua festa (suis festis), comprese (Sensit) che cosa (quid) quei voti (vota illa) volessero (velint) [in realtà], e allora tre volte (ter) la fiamma si accese (accensa est) e condusse (duxit) la punta (apicem) intorno per l aria (per a ra; è una forma di accusativo alternativa al più regolare aerem), segno (omen) di un nume amico (amici numinis) , cioè del fatto che la dea invocata era favorevole alla richiesta. ami ci numinis omen: è apposizione della frase seguente; nota la consonanza numinis omen, che suggerisce l associazione tra i due termini. 280-286. Ut rediit utilis usu narrata qui la trasformazione della statua (simulacra, plurale poetico) in una persona viva: Pigmalione la percepisce prima baciandola due volte (dedit oscu la e admo vet os iterum), poi tastandola con le mani (manibus quoque pectora temptat). Ut: ha qui valore temporale. simulacra puellae: nota le allitterazioni simulacra suae petit puellae e la consonanza* ille puellae. temptatum ceditque: lett. l avorio tastato (temptatum ebur) si ammorbidisce (mollescit) e, deposta la rigidità (posito rigore, ablativo assoluto), si ritira e cede sotto la pressione delle dita . ut Hymettia usu: il fenomeno è descritto attraverso una similitudine* con la cera dell Imetto (monte dell Attica celebre per il suo miele), che diventa molle al sole (sole remollescit) e, lavorata dal pollice (tractataque pollice), si flette in varie forme (multas / flectitur in facies) e diviene utile con lo stesso uso (ipso utilis usu: figura etimologica*) , cioè più la si maneggia e più diviene malleabile e dunque usabile (ma il gioco di parole è difficile da rendere in italiano: «con l uso diventa usabile , trad. G. Paduano). 287-289. Dum stupet venae Pigmalione è stupefatto: da una parte gioisce (gaudet, ma sempre dubie, dubbiosamente ), ma dall altra teme anche di ingannarsi; torna a palpare con la mano più e più volte (rursus rursusque) l oggetto dei suoi voti (sua vota) e si convince che è davvero un corpo, perché sente palpitare le vene sotto la pressione del suo pollice (le sente, cioè, il polso, come facciamo ancora oggi per sapere se una persona è viva). Come ha osservato Luigi Galasso, i vv. 280-289 sono legati a quelli della sezione precedente, nella quale la statua non aveva ancora subìto la trasformazione, da una serie di richiami lessicali e semantici: «quella carne su cui egli si illudeva che le sue dita si imprimessero (vv. 257 sg.) ora (v. 284) cede sotto le sue carezze; quella statua di cui egli prima non sapeva se fosse carne o avorio (vv. 254 sg.) ora è davvero un corpo (v. 289); e l illusione, allora vana, di Pigmalione sulla sensibilità della statua (v. 256) si realizza: ella (v. 293) ha avvertito i baci . falli: infinito presente passivo del verbo fallo. amans: l innamorato ; è soggetto di stupet, gaudet, veretur (verbi della subordinata introdotta da dum) e retractat (verbo della principale). 290-294. Tum vero amantem Pigmalione, qui definito l eroe di Pafo (la città di Cipro che avrebbe preso il nome, in realtà, da sua figlia, nominata al v. 297), rivolge a Venere le parole più piene (plenissima verba), cioè più abbondanti e complete, con le quali possa ringraziarla (grates agat), poi torna a baciare la ragazza, la cui bocca ora è finalmente (tandem) non finta (non falsa); lei a sua volta percepisce i baci che le vengono dati (data oscula virgo / sensit), arrossisce (erubuit) e solleva timida gli occhi (timidum lumen / attollens, lett. sollevando il timido sguardo ) verso gli occhi del suo creatore (ad lumina), sicché la prima cosa che vede è proprio l immagine di quest ultimo. Nota come i due vistosi poliptoti (ora ore, ad lumina lumen) suggeriscano l unione tra i due personaggi ed esprimano, insieme alle ripetizioni verbali già segnalate, «la possibilità di un rapporto finalmente reale e reciproco tra i due amanti (G. Rosati). Alcuni critici hanno sottolineato, al contrario, la totale passività della creatura di Pigmalione: «Le azioni della ragazza sono solo in risposta al suo amante; è un soggetto solo nella misura in cui è un oggetto. Pigmalione apparentemente desiderava, e Venere gli aveva fornito, uno specchio per il proprio desiderio (J.D. Reed). un esempio di come molti dei racconti narrati da Ovidio nelle Metamorfosi si prestino a essere interpretati in modi diversi e persino, come in questo caso, opposti. heros: qui nel senso di uomo illustre , iperbole*. 539

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea