Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO 50 Virginis est verae facies, quam vivere credas 2 et, si non obstet reverentia, velle moveri: ars adeo latet arte sua. Miratur et haurit pectore Pygmalion simulati corporis ignes. Saepe manus operi temptantes admo vet, an sit 2 55 corpus an illud ebur, nec adhuc ebur esse fatetur. Oscula dat reddique putat loquiturque tenetque et credit tactis digitos insidere membris et metuit, pressos veniat ne livor in artus. [ ] ! repetita iuvant à p. 541 2 70 Festa dies Veneris tota celeberrima Cypro venerat, et pandis inductae cornibus aurum conciderant ictae nivea cervice iuvencae, turaque fumabant, cum munere functus ad aras constitit et timide Si, di, dare cuncta potestis, 275 sit coniunx, opto , non ausus eburnea virgo dicere Pygmalion similis mea dixit eburnae . 250-253. Virginis est ignes Il concetto viene ora sviluppato più diffusamente: l aspetto della scultura è proprio quello di una ragazza vera, che sembra vivere e volersi muovere se non si opponesse (si non obstet) il pudore (reverentia): è una nota di delicata ironia, dal momento che ovviamente la ragazza non si muove perché è una statua, non perché abbia ritegno. vivere velle: i due infiniti dipendono da credas, seconda persona singolare che è rivolta a un interlocutore generico, come nel cosiddetto tu generico italiano. Da velle dipende, a sua volta, moveri. ars adeo sua: «a tal punto l arte nasconde l arte (trad. G. Paduano): è una delle frasi in assoluto più famose di Ovidio, nella quale il poliptoto* (ars arte) esprime il paradosso per il quale, essendo lo scopo dell arte quello di imitare la natura, nel momento in cui l imitazione è perfetta l arte non si nota più. Miratur corporis ignes: Pigmalione la ammira (miratur) e assorbe nell animo (haurit / pectore) l amore (ignes) per il corpo simulato (simulati corporis, genitivo oggettivo) . pectore Pygmalion: allitterazione. ignes: le fiamme , cioè l amore. 254-258. Saepe manus in artus La statua sembra così vera che Pigmalione 538 comincia a trattarla come se fosse viva: la bacia (Oscula dat), le parla (loquitur), la tocca (tenet); nei versi successivi (vv. 259-269), qui omessi, egli le fa anche dei regali, la veste con abiti eleganti e la ricopre di gioielli. Pigmalione dunque accosta (admo vet) all opera (operi) le mani (manus) per provare (temptantes) se sia (an sit) un corpo oppure avorio (interrogativa indiretta disgiuntiva), e ancora (adhuc) non ammette (fatetur, da fateor) che si tratta di avorio. reddi putat: sott. oscu la; lett. crede che i baci siano restituiti , cioè la bacia credendo e sperando che la statua lo baci a sua volta. Nota come l intero verso esprima, nel ritmo e nella sintassi (quattro frasi, tutte legate dall enclitica -que), l incontenibile desiderio di Pigmalione di interagire in qualunque modo con la persona amata. credit in artus: crede che le [sue] dita affondino (insidere) nelle membra toccate ; allo stesso modo teme (metuit) che venga un livido (livor) a seguito di una pressione eccessiva (nota la completiva con ne e il congiuntivo in dipendenza da un verbum timendi per indicare ciò che si teme). 270-276. Festa dies eburnae I giorni passano e arriva la festa di Venere, celebratissima (celeberrima) in tutta Cipro. celeberrima Cypro: allitterazione; al tem- po di Ovidio, infatti, si pronunciava keleberrima. pandis inductae fumabant: le giovenche (iuvencae), ricoperte d oro (inductae aurum) nelle ampie corna (pandis cornibus), erano cadute (conciderant) colpite (ictae) nel niveo collo (nivea cervice) e fumavano gli incensi (tura fumabant) . cum potestis: dopo i piuccheperfetti venerat e conciderant e l imperfetto fumabant dei versi precedenti, troviamo qui il cum inverso che introduce l azione principale: era venuto il giorno festivo di Venere quando [Pigmalione] . L artista, dopo aver compiuto le offerte rituali (munere functus), si avvicina all altare (ad aras) per implorare l aiuto degli dèi (Si, di, dare cuncta potestis), esitante (timide) perché consapevole della follia del suo desiderio. sit coniunx eburnae: Ovidio sovrappone abilmente le due preghiere, cioè quella che Pigmalione non osa formulare, sit [mea] coniunx eburnea virgo, sia [mia] moglie la vergine eburnea (cioè d avorio), e quella che pronuncia effettivamente, sit coniunx similis mea eburnae, sia mia moglie simile alla [vergine] eburnea (lett. non osando dire [non ausus dicere] disse [dixit] ).

Tua vivit imago - volume 2
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Età augustea