Intrecci letteratura - Ovidio, Pascoli, De André e il dono

L ET DI AUGUSTO 2. Lo stile di Ovidio è sempre molto curato e vario da un punto di vista lessicale. In questo passo il poeta è ancora più attento al dettaglio, e, in special modo nella descrizione della mensa imbandita, si sofferma su particolari apparentemente insignificanti (l elenco dei cibi, i materiali delle stoviglie). Quale scopo ha una tale minuzia? 3. Perché a un certo punto Filèmone e Bauci cercano di uccidere la loro oca? COMPETENZE ATTIVE Per confrontare Nel suo romanzo Le città invisibili, lo scrittore Italo Calvino (1923-1985) descrive la città di Bauci, il cui nome è chiaramente ispirato a quello del personaggio del mito ovidiano. Lo studioso Gabriele Pasquini (in un saggio contenuto nel volume, a cura di Anna Dolfi, Il racconto e il romanzo filosofico nella modernità) spiega così il parallelo: La storia di Filèmone e Bauci occupa i versi centrali delle Metamorfosi di Ovidio (VII, vv.611-721): i protagonisti sono due poveri contadini che accolgono nella loro modesta casa gli dei, travestiti da mendicanti, e mettono a loro disposizione quel poco di cui dispongono. In segno di riconoscenza, gli avventori risparmiano la loro umile capanna dall imminente diluvio universale e la trasformano in un tempio; i due anziani, seduti sulla sommità di un colle, rimangono a osservare la valle che si ricopre d acqua. Nello stesso modo, nella struttura delle Città invisibili la città di Bauci occupa la casella centrale [ ]. Soltanto uno degli elementi che costituivano il racconto di partenza è conservato: se Bauci osservava il mondo che veniva sommerso dall acqua da una posizione sopraelevata, gli abitanti della fantomatica città di Calvino, collocati in una condizione fuori dallo spazio e dal tempo, come su una piattaforma sostenuta da esili trampoli, contemplano affascinati la propria assenza . Procurati e leggi il testo di Calvino: quali altri punti di contatto sapresti trovare con il mito ovidiano? letteratura Ovidio, Pascoli, De André e il dono divino dell ospitalità L episodio di Filèmone e Bauci è stato oggetto di una ripresa estremamente originale nel poemetto latino Laureo lus, scritto da Giovanni Pascoli nel 1893, nel quale si racconta di due anziani coniugi, molto devoti al dio Virbio che credono soggiornare nel bosco di Ariccia vicino alla loro casa, i quali danno ospitalità a un bandito latitante rifugiatosi nel bosco, scambiandolo per il dio in persona: il modello ovidiano è, così, ripreso da vicino (in alcuni punti anche attraverso dirette reminiscenze verbali), ma allo stesso tempo rovesciato, perché, se in Ovidio la coppia di anziani coniugi ospita degli dèi pensando che si tratti di esseri umani, i loro corrispettivi pascoliani ospitano un essere umano (un bandito, per di più) convinti che si tratti di un dio. Comune ai due racconti è la semplice, pura e nel caso del Laureo lus finanche ingenua umanità dei due vecchietti, mentre è notevole come Pascoli sviluppi in modo assai articolato l accostamento tra le figure opposte del fuorilegge 536 e dell essere divino, entrambe svincolate dalle leggi degli uomini, e come il bandito, Laurèolo appunto, riveli nel corso dell episodio tratti di toccante, dolente umanità: « Questa cena degna di un dio , dice l ospite sazio, / ha reso felice chi si accontenta di vagare per i recessi dei boschi . / E il vecchio: Ricevi questa offerta, per quel poco che vale, / tu che non hai disdegnato un dio! una povera mensa . / Ospite, che dici? Guarda che di certo non mi aspetta / nessun rogo e non sarò seppellito da nessuna parte . / Così disse, e sulla sua fronte apparvero delle rughe (vv. 73-79, trad. N. Calzolaio). Una associazione per certi aspetti analoga tra la figura di un fuorilegge in questo caso, un «assassino braccato dai gendarmi e una figura di ispirazione scopertamente religiosa il «pescatore , immagine di Gesù Cristo si incontra in una delle più famose canzoni di Fabrizio De André, Il pescatore (1970), dove si racconta

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea