Tua vivit imago - volume 2

L autore Ovidio Viribus absumptis expalluit illa citaeque 544a victa labore fugae, spectans Peneidas undas: 546 «Fer, pater , inquit «opem, si flumina numen habetis! 547 Qua nimium placui, mutando perde figuram . Vix prece finita, torpor gravis occupat artus: mollia cinguntur tenui praecordia libro, 550 in frondem crines, in ramos bracchia crescunt; pes modo tam velox pigris radicibus haeret, ora cacumen habet: rema net nitor unus in illa. Hanc quoque Phoebus amat, positaque in stipite dextra sentit adhuc trepidare novo sub cortice pectus 5 55 complexusque suis ramos, ut membra, lacertis oscula dat ligno: refu git tamen oscula lignum. Allo stremo delle forze impallidì, e sopraffatta dalla fatica della fuga, guardando le acque del Peneo «Aiutami, padre: se in voi fiumi è un potere divino, distruggi, trasformandola, questa mia figura che è troppo piaciuta . Appena finita la preghiera, un pesante torpore le invade le membra, il petto si fascia di una fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi già così veloci aderiscono a radici immobili, il volto è invaso da una cima, rimane soltanto lo splendore di un tempo. Anche così Apollo l ama, e, poggiata la destra sul tronco, sente ancora trepidare il petto sotto la nuova corteccia, e abbraccia i rami come fossero membra; bacia il legno, e il legno rifiuta i baci. (trad. G. Paduano) Viribus absumptis undas: l inseguimento si conclude nel momento in cui la ninfa, ormai quasi raggiunta, sfinita e priva di forze (viribus absumptis, ablativo assoluto), scorge le acque del fiume (spectans) e invoca dunque l aiuto del padre. si ha betis: se [voi] fiumi avete potere divino , protasi di un periodo ipotetico della realtà, la cui apodosi è Fer, pater opem. Qua nimium placui: per la quale (qua, che si riferisce a figuram) troppo sono piaciuta . 548-552. Vix prece in illa la descrizione della metamorfosi, che, come avviene regolarmente nel poema, è analitica: Ovidio descrive cioè dettagliatamente il modo in cui ciascuna parte del corpo si trasforma nella corrispondente parte dell albero. Vix prece finita: ablativo assoluto. praecordia: lett. il diaframma (che sta davanti al cuore: da prae e cor, cordis), ma il termine è usato in poesia per indicare gli organi interni, oppure il petto (come in questo caso: mollia praecordia, il tenero petto ), oppure ancora l animo. libro: liber è la corteccia interna: essendo questa usata come materiale scrittorio, il termine è passato a indicare il libro, e tale è rimasto il significato anche in italiano. bracchia: è stato notato che questo termine in poesia può indicare proprio i rami di un albero: «se bracchia e rami sono talvolta sinonimi, la metamorfosi implica un cambiamento ridotto, diviene, per così dire, verosimile (L. Galasso). pes haeret: i piedi (pes, singolare per il plurale), poco prima (modo, lett. ora ) tanto veloci, sono fissi in immobili radici (pigris radicibus) ; nota la giustapposizione dei due aggettivi opposti velox e pigris, a evidenziarne il contrasto e l improvviso passaggio dalla corsa sfrenata all immobilità. ora cacumen habet: lett. la cima (cacumen) possiede il volto (ora, plurale poetico): cacumen è soggetto, ora complemento oggetto. nitor unus: il solo splendore ; l unica cosa che rimane immutata è la bellezza, uguale in Dafne e nell alloro in cui è trasformata. 553-556. Hanc quoque lignum Anche dopo la trasformazione l albero di alloro conserva, in qualche misura, l atteggiamento ostile di Dafne e ne riproduce le azioni: il petto trepida, il legno si sottrae ai baci di Apollo. Hanc: in latino il nome degli alberi, e lo stesso sostantivo arbor, sono femminili. in stipite: sul tronco ; stipes indica qui propriamente il tronco, ma altrove in poesia può significare anche albero per sineddoche. complexusque suis lacertis: lett. e cingendo (complexus, participio congiunto) con le sue braccia . oscula lignum: nota la costruzione del verso, con le due parole chiave, oscula (qui nel senso di baci , mentre al v. 499 era usato come diminutivo di os) e lignum, ripetute nei due emistichi separati dalla cesura semiquinaria, ma con i due verbi (dat e refu git) di significato opposto. L episodio si chiude con il dio che, non potendo più possedere fisicamente la ninfa, se ne impossessa facendo dell alloro il suo albero, simbolo della poesia e del trionfo (e a questo Dafne stessa sembra acconsentire): «Le disse il dio: Dal momento che non puoi essere / mia moglie, sarai almeno il mio albero; ti avrò sempre, / alloro, sui capelli, sulla cetra, sulla mia faretra. / Sarai coi generali del Lazio, quando una voce lieta / intonerà il trionfo, e il Campidoglio vedrà i lunghi cortei. / Fedelissima custode, starai sui battenti / delle porte di Augusto, sorvegliando la quercia al centro / e, come il mio capo è eternamente giovane, coi capelli intonsi, / anche tu avrai l ornamento delle fronde, perpetuo . / Così concluse Apollo. Coi rami appena formati l alloro / annuì e parve muovere la cima, come muovesse il capo (vv. 557-567). 511

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea