T9 ITA - La lettera di Medea a Giàsone

L ET DI AUGUSTO T9 La lettera di Medea a Giàsone tratto da Heroides 12, 133-158; 175-212 italiano La storia di Medea, tra le più note e terribili del mito classico, comincia con l arrivo nella Còlchide, patria dell eroina, degli Argonauti guidati da Giàsone, incaricato di conquistare il vello d oro: il re Eeta, padre di Medea, aveva promesso di consegnarglielo se fosse riuscito a domare due tori dalle unghie di bronzo e spiranti fiamme dalle narici; se, dopo aver aggiogato i tori all aratro, avesse seminato in un campo sacro ad Ares denti di drago; e se, infine, avesse combattuto con i giganti armati che ne sarebbero balzati fuori. Grazie alle arti magiche di Medea, che si era innamorata di lui, Giàsone superò le prove e conquistò il vello d oro. Medea fuggì poi con gli Argonauti, procurando anche la morte del fratello Absirto, e divenne la sposa di Giàsone. A Corinto, dove si erano rifugiati, l eroe tuttavia ripudiò la moglie, dalla quale aveva avuto due figli, per sposare Creùsa (chiamata altrove Glauce), figlia del re Creonte: Medea allora si vendicò inviando in dono alla nuova sposa un diadema e un peplo che, una volta indossati, la bruciarono viva (insieme al padre, accorso per aiutarla) e uccidendo poi i due figli avuti da Giàsone; quindi fuggì ad Atene su un cocchio trainato da draghi alati. La lettera, di cui si riporta la parte conclusiva, si immagina scritta da Medea subito prima di decidere di mettere in atto i suoi propositi di vendetta. 5 10 15 Hai osato oh, mi mancano le parole adatte per la mia giusta ira! hai osato dire: «Esci dalla casa di sone! .1 Al tuo comando uscii dalla tua casa in compagnia dei due figli e dell amore per te, che sempre mi segue. E come, all improvviso, mi giunse alle orecchie il canto di Imene,2 e vidi brillare le fiaccole fiammanti, e udii il flauto diffondere per voi melodie nuziali, ma più tristi per me di una tromba funebre, mi colse una grande paura, anche se non pensavo ad una tale infamia; e tuttavia sentii gelarmi per tutto il petto. Accorre gente, e gridano tutti «O Imene, Imeneo! ; e quanto più vicino era il grido, tanto più mi sentivo angosciata. I miei schiavi piangevano, volgendosi altrove, e nascondevano le lacrime chi avrebbe voluto esser messaggero di tanta sciagura? Anch io, qualunque cosa fosse, avrei preferito non saperla; ma, come se lo sapessi, il mio cuore era triste, quando il più piccolo dei figli, mandato da qualcuno e curioso di vedere, si fermò sulla soglia esterna della duplice porta, e di lì mi disse: «Vieni qui, madre! Mio padre Giàsone apre un corteo e in vesti dorate guida i cavalli aggiogati . Subito, allora, lacerata la veste mi colpii il petto e nemmeno il volto fu al riparo dalle mie unghie.3 La collera mi spingeva a correre in mezzo alla folla accalcata e a strappar via le ghirlande da quei capelli acconciati; a stento mi trattenni, scarmigliata com ero, dal gridare: «Egli è mio! e dal mettere le mani su di te.4 [ ] 1. Esci dalla casa di sone!: sone è il padre di Giàsone; la frase non va presa alla lettera ( sone era infatti re di Iolco, mentre qui siamo a Corinto) e vuol dire esci da casa mia . 2. Imene: il dio greco dei matrimoni, forse personificazione in origine del canto nu- 498 ziale (imeneo), durante il quale era invocato; tutta la scena che segue descrive una cerimonia nuziale, che Medea percepisce a distanza, inizialmente rifiutando di credere che davvero Giàsone stia sposando un altra donna. 3. lacerata la veste unghie: nel mon- do greco e romano sono le tipiche manifestazioni femminili del dolore e del lutto. 4. dal mettere le mani su di te: è il gesto della iniectio manus ( imposizione della mano ) con cui nel mondo romano si rivendicava il possesso di qualcosa e si affermava il diritto di proprietà.

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea