L’amore sofferto: i lamenti delle Heroides

L ET DI AUGUSTO L amore sofferto: i lamenti delle Heroides T7 La lettera di Didone a Enea tratto da Heroides 7, 7-30; 169-196 latino Enea ha deciso di partire da Cartagine per seguire il proprio destino ( p. 60): Didone gli scrive allora una lunga lettera di 196 versi (una delle più ampie tra le prime quindici Heroides), nella quale cerca in ogni modo di convincerlo a cambiare idea e a restare con lei a Cartagine o, se non altro, a posticipare almeno la partenza. Si presentano qui due passi dell epistola: il primo tratto dall esordio (vv. 7-30), il secondo coincidente con la conclusione (vv. 169-196). Metro: distici elegiaci Ce rtu s e s re ta me n | m se ra mque re l nque re D do n, a tque de m ve nt | ve la f de mque fe re nt? Certus es ire tamen miseramque relinquere Didon, atque idem venti vela fidemque ferent? Certus es, Aenea, cum foedere solvere naves, 10 quaeque ubi sint nescis, Itala regna sequi? Nec nova Carthago, nec te crescentia tangunt moenia nec sceptro trad ta summa tuo? Facta fugis, facienda petis; quaerenda per orbem altera, quaesita est altera terra tibi. 15 Ut terram invenias, quis eam tibi tradet habendam? Quis sua non notis arva tenenda dabit? Scilicet alter amor tibi restat et altera Dido, quamque iterum fallas, altera danda fides. 7-12. Certus es summa tuo? Il passo si apre con due domande retoriche scandite da un vistoso parallelismo* (Certus es Certus es, da cui dipendono due coppie di infiniti: ire e relinquere, solvere e sequi). Rivolgendosi direttamente a Enea, la regina cartaginese tenta, in questo modo, di metterne alla prova la fermezza nella decisione di abbandonarla (miseramque relinquere Didon). Didon: forma di accusativo del nome proprio, a cui si affiancano Didonem e Dido. atque idem ferent: è notevole la sillepsi, la sovrapposizione del significato proprio (venti vela ferent, i venti porteranno le vele ) e di quello figurato, per il quale quegli stessi venti porteranno [via] la parola data (idem venti fidemque ferent). L enfasi* della figura retorica è ulteriormente amplificata dalla duplice allitterazione*: venti vela e fidemque ferent. cum foedere solvere naves: altra sillepsi, in questo caso tra solvere naves ( sciogliere le navi , cioè gli ormeggi), e cum foedere solvere ( sciogliere insieme [con 488 ! repetita iuvant à p. 492 gli ormeggi] il patto coniugale , il foedus, qui in senso lato, dal momento che Enea e Didone non erano sposati). Nec nova Carthago summa tuo?: con una nuova domanda retorica, caratterizzata ancora una volta da un parallelismo (Nec nec nec), Didone allude alle opportunità che Enea avrebbe se restasse a Cartagine (nec te tangunt: non ti toccano , cioè non ti allettano ): una nuova città (nova Carthago), mura che crescono (crescentia moenia), il potere assoluto (summa) consegnato al suo scettro (sceptro trad ta: sposando Didone, Enea sarebbe divenuto naturalmente re di Cartagine). 13-16. Facta fugis dabit? Facta fugis terra tibi: lett. fuggi quanto è [già] stato fatto, vai alla ricerca di ciò che è [ancora] da fare; una terra deve essere da te [ancora] cercata per il mondo, un altra è [già] stata cercata [intendi: trovata] . Nota, in questo distico, il doppio poliptoto* (Facta facienda e quaerenda quaesita est) e le allitterazioni (Facta fugis e terra tibi), che sottolineano il carattere paradossale, dal punto di vista di Didone, della decisione di Enea. Ut terram invenias: ammesso che tu riesca a trovare [quella] terra [che cerchi] . quis eam tenenda dabit?: ancora due interrogative retoriche, accomunate dall anafora* di quis e dalla presenza in entrambe di un gerundivo (rispettivamente habendam, riferito a eam, chi te la affiderà per possederla? , e tenenda, riferito ad arva, chi darà a persone sconosciute (non notis) le proprie terre (sua arva) da occupare? ). 17-22. Scilicet uxor erit Scilicet: questo avverbio, senza dubbio , è spesso usato da Ovidio in senso ironico. Ai vv. 17-18 Didone, infatti, si lascia andare al sarcasmo: dovrai fare un altra promessa (altera danda fides, sott. tibi est: perifrastica passiva), che (quam, con que enclitico) poi di nuovo (iterum) tu possa tradire (fallas, relativa impropria con valore finale, di senso sarcastico) .

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea