Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO O ut nam talis perducas, impro be, noctes, 40 me miseram qualis semper habere iubes! Nam modo purpureo fallebam stamine somnum, rursus et Orphe ae carmine, fessa, lyrae; interdum leviter mecum deserta querebar externo longas saepe in amore moras: 45 dum me iucundis lapsam Sopor impulit alis. Illa fuit lacrimis ultima cura meis . Dove hai trascorso le lunghe ore della notte a me dovuta, stremato, ahimè, fino al tramonto delle stelle? Possa tu, malvagio, trascorrere notti simili a quelle cui sempre costringi me sventurata. Ho cercato d ingannare il sonno tessendo fili purpurei, poi, stanca, con il suono della lira di rfeo; talvolta, abbandonata, lamentavo sommessamente tra me i tuoi lunghi e frequenti indugi nell amore di un altra; finché il Sonno con le sue dolci ali mi spinse a distendermi. Questo fu l estremo rimedio per le mie lagrime . (trad. L. Canali, con adattamenti) O ut nam iubes: infine Cinzia augura a Properzio di trascorrere anche lui delle notti come quelle che lei deve passare per colpa sua (lett. che tu ordini, costringi me sventurata a trascorrere ). Anche impro bus, come ocelli, è parola tipica del lessico properziano (si incontra otto volte in Properzio, mai in Tibullo). 41-46. Nam modo cura meis Cinzia passa a spiegare al poeta che cosa ha fatto mentre lo aspettava per ingannare il sonno (fallebam somnum). purpureo stamine: prima si è dedicata alla tessitura, gesto tipico, nella cultura romana, della matrona ideale, che rimane in casa a filare la lana. Orphe ae lyrae: poi, essendosi stancata (fessa), ha suonato invece (rursus) la lira. interdum moras: nel frattempo (interdum) si è lamentata tra sé e sé (mecum) dei continui tradimenti di Properzio. dum me meis: infine si è addormentata: il sonno è stato l «estremo rimedio (ultima cura) alle sue lacrime. Analisi del testo Un capolavoro minimalista L elegia ruota interamente intorno a una scena di vita di coppia che potrebbe apparire, di per sé, un episodio non particolarmente importante. Eppure, intorno a esso, Properzio costruisce uno dei suoi componimenti più famosi. L elegia si concentra, infatti, in modo analitico sui singoli dettagli dell aspetto di Cinzia, dei gesti di Properzio, del risveglio della donna. Tutto è tenue e delicato, quasi incerto, come la posizione di Cinzia che posa il capo «sul malfermo sostegno delle mani (v. 8). Emblematico è il fatto che a svegliare la ragazza sia il delicato tocco dei «lievi raggi della luna (v. 33); e le stesse parole di Cinzia, pur di rimprovero, sono pervase non da una rabbia accesa, bensì da una malinconia quasi trasognata, coerente con l atmosfera sfumata propria dell intera elegia. Questa concentrazione su una situazione specifica e sui dettagli anche minimi è caratteristica di Properzio: se Tibullo prende soltanto lo spunto dalla situazione di partenza per una lunga serie di divaga- 426 zioni, spesso rivolte al passato o al futuro, Properzio rimane costantemente focalizzato sulla situazione presente, che acquista in tal modo un eccezionale rilievo, anche grazie al costante riferimento al mito. La trasfigurazione mitica del reale costante, in questa elegia, l accostamento a personaggi e situazioni del mito, a cominciare dall apertura, nella quale Cinzia addormentata è avvicinata ad Arianna, ad Andromeda e a una baccante. Arianna abbandonata da Tèseo corrisponde a Cinzia lasciata sola, quella notte, da Properzio; Andromeda salvata da Pèrseo corrisponde all arrivo di Properzio, che veglia sul sonno di Cinzia; la baccante sfinita dalle danze evoca invece la spossatezza della donna, che aveva atteso fino a tardi il ritorno dell amante. In ogni caso, i tre confronti restituiscono un immagine idealizzata della donna amata e proiettano la situazione sullo sfondo di un universo mitico ed eroico. Anche nel finale tutto richiama la dimensione del

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea