Tua vivit imago - volume 2

L INCONTRO CON L AUTORE LO STILE DI TIBULLO semplicità transizioni monologo lirico La scrittura di Tibullo si caratterizza, innanzitutto, per l apparente semplicità: in questo brano, per esempio, non si incontra un lessico particolarmente raro o ricercato, e anche la sintassi non presenta costruzioni involute o comunque difficili. Contribuisce, inoltre, alla facilità di comprensione una caratteristica che è propria, in generale, della poesia composta in distici elegiaci: la composizione per piccole unità sintattiche e concettuali, ciascuna corrispondente a un singolo distico e, di conseguenza, ben delimitata e individuata. Nota come nel passo quasi tutti i distici terminino, in effetti, con la fine di un periodo, e anche laddove il periodo prosegue in quello successivo, come ai vv. 45-50, la separazione è comunque netta e segnalata da una congiunzione coordinante all inizio del nuovo distico (atque, v. 47; et, v. 49). Caratteristiche dello stile di Tibullo sono anche l interiezione patetica heu (v. 35) a inizio di distico e, ancor più, l impiego della congiunzione at per segnalare una transizione forte, coincidente con il passaggio da un argomento a un altro, spesso contrapposto a quello precedente (At bona , v. 45), oppure con l apostrofe a un nuovo allocutario (At tibi, v. 39). Peculiare della poesia tibulliana è proprio la costruzione delle elegie come un succedersi di pannelli legati tra loro per analogia o per contrasto, in una sequenza nella quale appunto le transizioni, accompagnate spesso dalle apostrofi ad allocutari di volta in volta diversi, rivestono grande importanza nel dare coesione al componimento e nel configurarlo come una sorta di monologo lirico. I TEMI DI TIBULLO exclusus amator servitium amoris vagheggiamento In questi pochi versi si trovano concentrati molti dei temi propri, in generale, della poesia elegiaca e, in particolare, di quella tibulliana. Tra i primi si possono citare il motivo dell exclusus amator, esplicitamente evocato, al v. 39, dalle parole excludis amantes, quello delle esequie (che possono essere, a seconda dei casi, del poeta, della donna amata oppure, come qui ai vv. 45-50, di un altra persona) e quello del servitium amoris, al quale alludono, ai vv. 53-54, le parole iubeat e imperium. Specifico di Tibullo è, invece, il vagheggiamento della punizione dei colpevoli (qui, della donna avida: vv. 39-44) e del premio che attende, invece, i buoni (qui, viceversa, la donna non avida: vv. 45-50): tre distici sono dedicati alla prima, le cui sostanze saranno portate via da un incendio tra la gioia degli astanti e il cui funerale andrà deserto; e tre distici sono dedicati, allo stesso modo, alla seconda, della quale sono raffigurate non soltanto le esequie in questo caso, viceversa, assai partecipate (vv. 45-46) , ma anche il commosso ricordo di un vecchio amante, che ogni anno si reca devoto sulla sua tomba (vv. 47-50). da notare come entrambe le immagini siano proiettate in un lontano futuro: la contrapposizione di un presente infelice a un passato o a un futuro di gran lunga migliori (siano essi reali o soltanto immaginati) è una delle caratteristiche più importanti della tecnica compositiva tibulliana. Altro motivo peculiare di Tibullo è quello della resa, che compare alla fine del brano riportato: l elegia si era aperta con una esplicita dichiarazione di rassegnazione da parte del poeta («E così vedo preparate per me una schiavitù e una padrona , v. 1); più avanti poi Tibullo riconosce che la poesia gli serve per conquistare la donna amata e che, se non serve a questo, intende rinunciare a essa e provare, anche lui, a conquistare Nèmesi con doni materiali (vv. 15-26). Questo riconoscimento dell inutilità della poesia e della necessità, per il poeta, di arrendersi, appunto, alla donna amata facendole dei doni e accettando di servirla senza riserve è tipico delle elegie più pessimiste di Tibullo, e giunge qui a punte di vero e proprio masochismo nel finale dell elegia: «Tutti i tossici di Circe e il veleno di Medea, / tutte le qualità di erbe che il tèssalo suolo produce, / [ ] / purché la mia Nèmesi mi guardi con volto benigno, / e mille altre erbe mescoli anch essa, io berrò d un sorso (vv. 55-60). 378

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Età augustea