Tua vivit imago - volume 2

L'ET DI AUGUSTO 15 20 25 Quo mihi fortunam, si non conceditur uti? Parcus ob heredis curam nimiumque severus ads det insano: potare et spargere flores incipiam patiarque vel inconsultus haberi. Quid non ebrietas dissignat? Operta recludit, spes iubet esse ratas, ad proelia trudit inertem, sollicitis animis onus eximit, addo cet artis. Fecundi calices quem non fece re disertum, contracta quem non in paupertate solutum? Haec ego procurare et idoneus impe ror et non invitus, ne turpe toral, ne sordida mappa corruget naris, ne non et cantharus et lanx ostendat tibi te, ne fidos inter amicos sit qui dicta foras elim net, ut co at par iungaturque pari: Butram tibi Septiciumque et nisi cena prior potiorque puella Sabinum det net adsumam; locus est et pluribus umbris; 12-15. Quo mihi haberi Quo mihi fortuna: espressione ellittica del soggetto e del verbo; si potrebbe sottintendere di dederunt e tradurre letteralmente a quale scopo gli dèi mi hanno dato il benessere? . Parcus insano: chi risparmia (Parcus) per riguardo dell erede (ob heredis curam) e chi è troppo austero (nimium severus) siede accanto al folle (ads det insano) . Con tale espressione Orazio sottolinea l inutilità di possedere delle ricchezze di cui non si gode e che, nella migliore delle ipotesi, saranno un giorno dilapidate dagli eredi (stessa sorte indicata per il vino cècubo che resta nelle cantine nell ode II, 14 à T19). Il poeta ribadisce così quanto ha affermato al v. 8, in cui invitava l amico a mettere da parte, per il tempo del banchetto, il desiderio di accumulare denaro. potare spargere: infiniti dipendenti dal futuro incipiam ( [io] comincerò a bere e a spargere fiori ). Potare è più espressivo di bibe re perché indica il bere forte, con gusto ; spargere flores rinvia all usus, comune nei simposi, di cospargere di rose i triclini. haberi: infinito dipendente dal futuro patiar; qui ha il valore di essere considerato . 16-20. Quid paupertate solutum dissignat: vale propriamente togliere i sigilli . Qui puoi tradurre con il significato di sciogliere ( che cosa non scioglie l ebbrezza? ). Operta recludit: rinvia al motivo del vino che scioglie la lingua, strappando 326 i segreti più reconditi. spes iubet esse ratas: ordine a che le speranze siano realtà . L espressione sottolinea il potere illusorio del vino di far credere che anche le speranze più vane possano realizzarsi. addo cet: neologismo, da addo ceo ( insegnare ), modellato su addisco. Fecundi solutum: costruisci: quem calices fecundi non fece re (= fece runt) disertum, quem, in contracta paupertate, [calices fecundi non fece re] solutum? 21-26. Haec ego pari ne turpe toral: che non [sia] sporca la coperta tricliniare . Da qui Orazio enumera i compiti che gli spettano in quanto rex convivii. ne non te: che il càntaro e il piatto di portata ti mostrino a te stesso , cioè che tu ti possa specchiare nel càntaro e nel piatto da portata . foras elim net: [non vi sia chi] porti fuori dalla soglia ; espressione pleonastica della lingua d uso, caratterizzata dall unione di foras con elim no, verbo con prefisso ex- tipico della tragedia, contenente nella sua radice il riferimento al limen, poi sostituito in età classica da effe ro. ut co at pari: che il pari stia accanto e sia unito al pari . 26-31. Butram clientem Butram adsumam: Orazio comunica a Torquato il nome degli altri convitati: Butra e Setticio, di cui nulla sappiamo, e Sabino, identificabile molto probabilmente con Aulo Sabino, amico di Ovidio e poeta galante, aduso alla frequentazione di banchetti e donne. Fra tutti i convitati Torquato mantiene comunque un posto d onore, come fa capire tibi del v. 26 ( in tuo onore ), che si riconnette a tibi del v. 7. Quanto alla cena che dovrebbe trattenere Sabino dall accettare l invito di Orazio (nisi cena prior det net), essa è detta prior, che potrebbe avere sia un valore cronologico, se vi cogliamo il riferimento a un precedente invito a cena ( se non lo trattiene una cena precedente ), sia un valore qualitativo (se lo riferiamo, invece, a una cena migliore di quella modesta proposta da Orazio): un accezione, quest ultima, che risulterebbe sinonimica rispetto a potior e per questo, forse, meno accettabile. locus umbris: ogni convitato di riguardo aveva diritto a portare con sé dei clientes (qui detti metaforicamente um brae, perché aggregati al convitato come ombre ). Poiché il numero massimo dei partecipanti al convito era di nove invitati, come le Muse (essendo il triclinio costitui to da tre letti, ciascuno per tre invitati), e poiché i commensali, oltre al padrone di casa Orazio, sono già quattro (Torquato, Butra, Setticio e Sabino), i posti rimanenti sono quattro. Non è escluso, però, che lo spazio nella casa di Orazio fosse ancora più ristretto, come si evince dall immagine delle capre maleodoranti del verso successivo ( ma le capre maleodoranti soffocano i conviti troppo accalcati ), metafora dei commensali dalle ascelle sudate.

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Età augustea