Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO con Virgilio:20 persone di finezza ineguagliata in ogni tempo e luogo, cui nessuno è più di me legato. Vi lascio immaginare quali abbracci, quanta gioia. Nulla potrei mai paragonare seriamente a un amabile amico. 45 Un tetto per la notte, ce l offre la locanda presso il ponte 21 campano; legna e sale com è loro dovere i fornitori. Si riparte per Capua, dove i muli depongono il basto all ora stabilita. Mecenate se ne va a giocare, a dormire io e Virgilio: 22 nuoce, la palla, a chi soffre di congiuntivite o dispepsia. 50 Di qui, ci si spalanca la villa opulenta di Cocceio, 23 sovrastante le osterie di Caudio. E adesso io t invoco, Musa: brevemente rammemora il duello tra Sarmento, 24 il buffone, e Messio Cicirro; e di entrambi i contendenti la paternità, l origine. Gloriosa stirpe di Messio, il popolo degli Osci, 55 mentre di Sarmento vive ancora la padrona: è da questa discendenza che vennero a contesa. Attacca Sarmento: «Io dico 25 che tu sembri un cavallo selvaggio . Noi scoppiamo a ridere, e lo stesso Messio: «Incasso il colpo ammette, dondolando il testone. «Di un po riprende l altro, «non t avessero tagliato il corno sulla fronte, che faresti? 60 Sei già talmente minaccioso, anche mutilato! Un orrenda cicatrice deturpava infatti la sua fronte setolosa, sul lato sinistro della faccia. 26 Dopo averlo sbeffeggiato per quel morbo campano che lo sfigurava, Sarmento lo sfidò: si esibisse nella danza pastorale del Ciclope; 27 non aveva alcun bisogno, lui, di maschere o coturni da tragedia. 65 Replica verbosa da parte di Cicirro: Sarmento aveva già donato 28 ai Lari, come ex-voto chiese , la catena? Ora faceva lo scrivano? 20. Sinuessa Virgilio: a Sinuessa, città a diciassette miglia da Formia, si fanno incontro ai viaggiatori Plozio, Vario e il poeta Virgilio. A Plozio Tucca (di cui nulla sappiamo) e a Vario Rufo (autore di una tragedia dal titolo Thyestes, andata in scena nel 29 a.C.) sarà affidata da Augusto, dopo la morte di Virgilio, la cura dell edizione dell Eneide. 21. il ponte campano: attraversava l odierno torrente Savone. 22. dispepsia: Virgilio soffre di cattiva digestione, ma anche Orazio è debole di stomaco (vv. 7-9). 23. Caudio: cittadina del Sannio, a venti miglia circa da Capua. 24. Musa Cicirro: parodiando il codice epico, Orazio invoca la Musa come se si accingesse ad affrontare un momento compositivo di particolare impegno, quale poteva essere, per esempio, la celebrazione 266 di un eroe attraverso il ricordo dei suoi gloriosi antenati. Qui, invece, Orazio si accinge a ricordare semplicemente le origini, tutt altro che nobili, di due buffoni : Sarmento, schiavo etrusco che Mecenate portava con sé in viaggio perché lo allietasse con i suoi scherzi; Cicirro, soprannome di un buffone campano, che ha il senso di gallo . Il «duello di cui ci parla qui Orazio (una sorta di agone drammatico) può essere inteso come un mimo o come un esempio di Fes cennina iocatio (letteralmente scherzo fescennino , denominazione derivante forse da Fescennio, nome di una città falisca, o dal termine fasc num, magia , e indicante canti rustici di carattere licenzioso, connessi principalmente alla sfera nuziale). 25. cavallo selvaggio: il riferimento potrebbe essere a un vero e proprio cavallo, oppure, come pensano alcuni studiosi, a un rinoceronte o al favoloso liocorno, poi- ché Orazio parla di un «corno sulla fronte . 26. morbo campano: probabilmente una patologia consistente nell insorgenza di grosse verruche sulla fronte. 27. danza pastorale tragedia: una cicatrice rende Messio simile a Polifemo, notoriamente munito di un solo occhio in mezzo alla fronte. Per questa ragione Sarmento lo esorta a esibirsi nel cosiddetto ballo del Ciclope , danza di repertorio in cui Polifemo si rendeva ridicolo nel sedurre, con le sue goffe e rozze maniere, la bella ninfa Galatea. Messio è talmente orrendo e grasso da non aver bisogno né di maschere, né di coturni (gli alti calzari usati dagli attori tragici) per assomigliare al Ciclope. 28. la catena: Messio ricorda a Sarmento le sue origini servili, alludendo malignamente alla catena con cui si legavano gli schiavi più sventurati o si recuperavano quelli scappati di casa.

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Età augustea