Tua vivit imago - volume 2

L autore Virgilio et nunc magna mei sub terras ibit imago. praeclaram statui, mea moenia vidi, ulta virum poenas inimico a fratre recepi felix, heu nimium felix, si litora tantum numquam Dardaniae tetigissent nostra carinae . Dixit et os impressa toro «Moriemur inultae, 660 sed moriamur ait, «sic sic iuvat ire sub umbras. Hauriat hunc oculis ignem crudelis ab alto Dardanus et nostrae secum ferat omina mortis . 655 Urbem Traduzione di R. Calzecchi Onesti Traduzione di E. Cetrangolo Ma Didone, tremante, stravolta dall atroce proposito, gli occhi iniettati di sangue, chiazzate le guance frementi, livida già della morte futura, corre nell intimo cuor del palazzo, sale sull alto rogo, come una pazza, e snuda la spada dardania, dono che chiese, oh non per quest uso! Qui sulle iliache vesti, sul noto letto, per poco posò lo sguardo, con lagrime, e rimase a pensare: poi si gettò sui cuscini e disse le estreme parole: «O spoglie, dolci fin che il fato, un dio permetteva, la vita mia ricevete, da queste pene scioglietemi. Ho vissuto, ho compiuto la strada che m ha dato [Fortuna, e ora sotto la terra grande andrà la mia immagine. Città bellissima ho fatto, ho visto mie mura, vendicato lo sposo, punito il fratello nemico: felice, oh troppo felice, solo che le mie spiagge mai navi dardane fossero giunte a toccare . Disse, e premendo sul letto le labbra: «Morirò [invendicata, ma voglio morire, gridò, così voglio scendere all ombre. Beva cogli occhi dal mare questo fuoco il crudele Dardano, maledizione la morte mia con sé porti! . Tremante Didone e feroce per l orrendo proposito la sanguigna pupilla rotando, chiazzata di macchie le gote convulse, e pallida già della morte futura, irrompe nel centro dell atrio e sale furente il rogo elevato e snuda la spada Dardania, un dono che non certo a quest uso fu chiesto. Allora, poi ch ebbe guardato le vesti Troiane e il tàlamo noto, e un poco indugiato in ricordi e in lacrime, piegò sopra il letto con l ultima voce: «O care spoglie, mentre un dio e i fati assentivano; accogliete quest anima e me liberate d affanno! Vissi, e il corso ho compiuto che Fortuna mi diede; fra poco andrà la mia immagine grande nell ombra sotterranea. Fondai una illustre città, le mie mura vidi innalzate; vendicato lo sposo, il fratello inumano punii: felice, troppo felice, soltanto se ai lidi nostri non fossero giunte le navi dei Dàrdani! Diceva; e premuta la bocca sul letto: «Morrò [invendicata, ma muoio disse «così, così è bello entrare nell ombra. Veda con gli occhi il mio rogo dal mare il crudele Dardano, e porti seco il mio augurio di morte . Traduzione di C. Carena Ma trepidante e dai preparativi mostruosi inferocita, Didone lo sguardo iniettato di sangue ruota, e di macchie chiazzata sulle tremule guance e pallida per la morte imminente, alle più interne soglie si lancia della sua dimora e gli alti gradini sale, furibonda, del rogo e la spada sfodera, la dardania, non per questo cercata in dono un tempo, per questo uso. Lì, dopo che le vesti iliache e il ben noto giaciglio ebbe contemplato, un istante fra le lacrime e i suoi pensieri si arrestò, poi si gettò sul divano e proferì le sue ultime parole: «Dolci spoglie finché il destino e il dio lo permettevano, accogliete quest anima e liberatemi da questi affanni. Ho vissuto, la corsa che mi stabilì la Fortuna ho compiuto e ora grande di me sotto la terra andrà l immagine. Una città illustre ho fondato, le mie mura ho viste; vendicatrice di un marito, ho ottenuto la punizione di un fratello nemico: felice, oh fin troppo felice, se le nostre spiagge soltanto mai i Dardani avessero toccato con le loro carene . Disse, e le sue labbra imprimendo sul divano: «Moriremo invendicate: moriamo tuttavia! esclamò. Così, così è bello andare sotto alle ombre. Beva fino in fondo con gli occhi questo fuoco il crudele, dal largo, il Dardanio, e di noi porti via con sé questo presagio di morte . 159

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea