Tua vivit imago - volume 2

L autore Virgilio Haec ante exitium primis dant signa diebus: sin in processu coepit crudescere morbus, 505 tum vero ardentes oculi atque attractus ab alto spiritus, interdum gemitu gravis, imaque longo ilia singultu tendunt; it naribus ater sanguis et obsessas fauces premit aspera lingua. Mostrano questi segni nei primi giorni avanti la morte. Se invece il morbo incrudelisce in un lungo decorso, allora gli occhi divampano, il respiro è tratto dal profondo, talvolta incupito da un lamento, e il basso ventre si tende in un singulto; esce dalle narici un tetro sangue, e la ruvida lingua preme ostruendo le fauci. (trad. L. Canali) 503-508. Haec ante aspera lingua crudescere: è qui riferito, per la prima volta, a un soggetto astratto (morbus). ima: l aggettivo, concordato con ilia, è accostato a longo in clausola di verso, chiarendone efficacemente il senso. Analisi del testo L eziologia delle epidemie e Lucrezio Il modello letterario e scientifico a cui Virgilio si è ispirato nella delineazione della peste del Nòrico è evidentemen te il finale del sesto libro del De rerum natura, ove Lucrezio aveva già affrontato tematiche affini nel de scrivere rifacendosi, a sua volta, al racconto dello storico greco Tucidide (II, 47-52) la peste di Atene del 430 a.C. Anzitutto il movimento iniziale con cui Virgilio avvia questa sezione (Hic quondam morbo caeli miseranda coorta est / tempestas totoque autumni incanduit aestu, vv. 478-479) è dichiara tamente una ripresa di Lucrezio, De rerum natura VI, 1138-1139: Haec ratio quondam morborum et mortifer aestus / finibus in Cecropis funestos reddi dit agros («Questa forma di morbo ed effluvio datore di morte / seminò di cadaveri i campi nella terra di Cecrope , trad. L. Canali, qui e a seguire). Lucrezia na è anche l indicazione dell atmosfera come causa dell insorgere delle epidemie (vv. 478-479), che risa le a De rerum natura VI, 1096-1097, ove il fenomeno è spiegato su basi atomistiche, con una distinzione fra semina vitalia (gli atomi vitali) e semina apportatori di malattie (i microbi): «Quando per caso si levano questi ultimi [gli atomi nocivi] / e intorbidano il cielo, l aria diviene infetta ). L adeguamento alle riflessioni di Lucrezio assume in Virgilio forme stilisticamente sofisticate. Per esem pio il v. 480, et genus omne neci pecu dum dedit, omne ferarum, è costruito come fusione di due di versi passi lucreziani: VI, 1092 (morbida vis hominum generi pecudumque catervis, «[una violenta infezione possa spargere] fra le stirpi degli uomini e i branchi degli animali una funesta strage ) e VI, 1144 (Inde catervatim morbo mortique dabantur, «E allora ca devano a mucchi in preda al contagio e alla morte ). Virgilio però supera il modello, inserendo nel verso anche un richiamo interno a Georgiche III, 242-244: omne adeo genus in terris hominumque ferarumque / et genus aequoreum, pecudes pictaeque volucres / in furias ignemque ruunt («a tal punto ogni specie terrestre, di uomini, di fiere, / e la razza acquatica, e gli armenti, e i colorati uccelli / precipitano nella follia e nel fuoco ). Anche nel descrivere la contaminazione delle ac que e dei pascoli da parte dell atmosfera al v. 481 (corrupitque lacus, infe cit pabu la tabo) Virgilio ormeg gia con molta fedeltà De rerum natura VI, 1126-1127 (aut in aquas cadit aut fruges persidit in ipsas / aut alios hominum pastus pecudumque cibatus, «cade nelle acque o s insinua nelle stesse messi, / o in altri alimenti degli uomini o pasture di greggi ), imitando, però, con il forte asindeto*, la struttura ritmica e sintat 129

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Età augustea