T4 La formula per “maledire” una città nemica (Macrobio,

PERCORSI TEMATICI 40 e volendo ricordare, bevono lagrime amare. Oh! non ricordano i morti, i cari, i cari suoi morti! 45 Pane, sì pane si chiama, che noi spezzammo concordi: ricordate? tela, a dama: ce n era tanta: ricordi? Queste? Queste sono due, come le vostre e le tue, due nostre lagrime amare cadute nel ricordare! (Giovanni Pascoli, La tovaglia, in Canti di Castelvecchio, Zanichelli, Bologna 2010) FINO A TE Se la lirica di Pascoli mette in luce le credenze che si riferiscono al modo con cui i defunti tornano a visitare i vivi, il brano di Ovidio sottolinea soprattutto l atteggiamento di terrore degli antichi Romani,e del capofamiglia in particolare. Dopo aver letto attentamente i due testi, individua i punti di contatto e quel li divergenti nella rappresentazione della morte, metti in luce se i defunti sono presenze amiche oppure ostili, quali sono gli atteggiamenti del pater familias e della protagonista della lirica pascoliana e quale rapporto hanno con la morte. T4 La formula per maledire una città nemica Macrobio Saturnali III, 9, 7-12 Nei Saturnali, ampia opera in sette libri in forma di dialogo, nella quale vengono discussi svariati argomenti di ambito letterario e antiquario, l erudito Macrobio (attivo quasi certamente nella prima metà del V secolo d.C.) riporta le formule con cui i Romani, nel corso dell assedio di una città nemica (nella fattispecie Cartagine, durante la terza guerra punica), prima evocavano gli dèi protettori di quest ultima per indurli ad abbandonarla (evocatio), e poi le divinità infere, affinché incutessero terrore ai suoi abitanti e li condannassero alla disfatta (devotio). 5 10 Ed ecco la formula usata per evocare gli dèi quando si cinge d assedio una città: «Se v è un dio o una dea sotto la cui protezione si trova il popolo e lo stato cartaginese, e te soprattutto che accogliesti sotto la tua protezione questa città e questo popolo,1 io prego e venero, e vi chiedo questa grazia: abbandonate il popolo e lo stato cartaginese, lasciate i loro luoghi, templi, riti e città, allontanatevi da essi e incutete al popolo e allo stato timore, paura, oblio, e venite propizi a Roma da me e dai miei, e i nostri luoghi, templi, riti e città siano a voi più graditi e cari, e siate propizi a me, al popolo romano e ai miei soldati. Se farete ciò in modo che sappiamo e comprendiamo,2 vi prometto in voto templi e giochi . A queste parole bisogna far seguire immolazione di vittime e consultazione di visceri. Quando poi sono già state evocate le divinità, si pronuncia la maledizione sulle città e sugli eserciti, ma possono farlo soltanto i dittatori e i generali con le seguenti parole: «O padre Dite, 1. e te popolo: non è sicuro a quale divinità si riferisca il testo, ma si tratta probabilmente di Tanit, dea punica della fecon- 74 dità, identificata con la Giunone romana. 2. Se farete comprendiamo: il linguaggio della comunicazione con la divinità è caratterizzato da una serie di formule tese ad assicurare che la comunicazione stessa avvenga in modo corretto.

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Educazione civica per la letteratura latina