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Riti, feste, tradizioni 15 20 25 Veiove, Mani,3 o con qualsiasi altro nome sia lecito nominarvi, riempite di fuga, di paura e di terrore tutti, la città di Cartagine e l esercito, che io intendo dire, e quelli che porteranno armi e dardi contro le nostre legioni e il nostro esercito, portate via con voi quell esercito, quei nemici e quegli uomini, le loro città e i loro campi e quelli che abitano in questi luoghi e regioni, nei campi e nelle città, privateli della luce del sole, e così l esercito nemico, le città e i campi di coloro che io intendo dire, e voi considerate maledette e a voi consacrate quelle città e quei campi, le persone e le generazioni, secondo le leggi e i casi per cui soprattutto son maledetti i nemici. Io li do e li consacro in voto come sostituti per me, per la mia persona e la mia carica, per il popolo romano, per il nostro esercito e le nostre legioni, affinché lasciate sani e salvi me, la mia persona e il mio comando, le nostre legioni e il nostro esercito impegnati in questa impresa. Se farete ciò in modo che io sappia, intenda e capisca,4 allora chiunque farà questo voto, dovunque lo faccia, sarà valido se compiuto con tre pecore nere. Te, madre Terra, e te, Giove, prendo a testimoni . Quando nomina la Terra, tocca la terra con le mani; quando nomina Giove, innalza le mani al cielo; quando dice di impegnarsi nel voto, si tocca il petto con le mani. (trad. N. Marinone) 3. Dite, Veiove, Mani: si tratta di divinità infere: Dite è il corrispettivo latino di Ade/ Plutone; Veiove è un antico dio romano, in cui si vedeva un Giove bambino oppure un Giove malvagio e infernale; i Mani erano le anime dei defunti. 4. Se farete capisca: anche questa frase è tesa a garantire la correttezza della comunicazione tra l uomo e la divinità. DI TESTO IN TESTO Nel seguente passo Luigi Garofalo, docente di Diritto romano presso l Università di Padova, esprime le sue considerazioni sull accostamento dell antico rito della devotio all attentato terroristico alle Torri Gemelle dell 11 settembre 2001. Ma non sono stati soltanto scrittori e pittori a rifarsi al racconto di Livio sulla devotio del Decio Mure console nel 340 a.C.: vi hanno infatti attinto anche filosofi, come Agostino, il quale ricorda l eroe repubblicano in un passo del De civitate Dei, in 5.18, e intellettuali dall accentuata sensibilità antropologica, come Roberto Calasso. Ecco infatti quanto costui annota a proposito dei colpevoli dell attacco alle Torri Gemelle in un suo libro uscito a Milano nel 2010, sotto il titolo L ardore: anziché affaticarsi nella ricerca di qualche parola con cui qualificarli, «meglio sarebbe stato aprire Livio e constatare che gli assassini-suicidi islamici molto avevano a che fare con una oscura istituzione sacrificale dell antica Roma, la devotio . Essi, a ben vedere, «riprendono, con variazioni, il rito romano della devotio testimoniato da Livio attraverso la vicenda di Decio Mure, il console che nel 340, combattendo contro i Latini sotto il Vesuvio, dopo essersi votato agli dei inferi si gettò a cavallo fra le schiere nemiche e, trafitto più volte, cadde inter maximam hostium stragem , come si legge in 8.10.10 degli Ab urbe condita libri. E poco importa che l accostamento non persuada, pur dovendosi dare atto a Calasso che non si attagliava agli aggressori l attributo di codardi , perché così non possono essere definiti individui che si uccidono con piena determinazione e con massima violenza, e nemmeno quello di kamikaze, posto che il termine designa militari giapponesi che compivano azioni di guerra, mentre gli assassini-suicidi islamici erano civili che agivano in tempo di pace. (Luigi Garofalo, Livio e il diritto arcaico: una prospettiva particolare, in «Diritto @ Storia , n. 14, 2016) 75

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Educazione civica per la letteratura latina