Promessi sposi

I PROMESSI SPOSI a TU per TU con il testo Le abitudini, inevitabilmente, scandiscono la nostra esistenza. La giornata di ognuno prevede un percorso preciso, articolato in una serie di tappe. A volte però un sassolino nell ingranaggio manda in mille pezzi il tran tran quotidiano. Fino a quando non comprendiamo di che si tratti, restiamo in preda al disagio, se non addirittura all angoscia. Un compagno di classe ce l ha con te: dice che ti aspetta fuori per un chiarimento. Tua madre ha qualcosa da rinfacciarti, al telefono le tremava la voce, ma preferisce affrontare il discorso stasera. L allenatore ti vuole parlare, sembra scontento. il momento dei dubbi, dei nuvoloni neri immobili nel cielo, prima dello scroscio. Non riesci più a compiere serenamente le solite occupazioni, con quel chiodo fisso nella testa. L attesa si fa spasmodica, l incertezza è penosa, fuggire non è possibile. Tanto vale allora affrettare le cose, e correre incontro al pericolo: come fa don Abbondio, che non regge più alla tensione e affretta il passo verso i bravi. Il diavolo in fondo non è così brutto come lo si dipinge, dice il proverbio. O no? Francesco Gonin, Don Abbondio e i bravi, illustrazione per la Quarantana. Analisi Fra lago e monti Lo scenario della vicenda, nei primi capitoli dei Promessi sposi, è il pittoresco paesaggio dei borghi sul versante orientale del lago di Como, stretti fra l acqua e le montagne. Dove terminano golfi e insenature, le sponde si stringono e sorge il ponte di Lecco: là punta lo sguardo del narratore, che percorre minuziosamente il panorama dall alto, quasi lo esaminasse su una carta geografica dettagliata oppure dall alto, in volo; poi si distanzia, sino a immaginare un osservatore che da Milano riconosca l inconfondibile profilo frastagliato del Resegone. Ma subito la prospettiva si riavvicina e mette a fuoco la città di Lecco, precisando che la storia si svolge in tempi lontani, quando la Lombardia era sotto il giogo degli spagnoli, sui quali viene espresso un giudizio fortemente negativo. Emerge così il tema dell ingiustizia, che sarà cruciale nel romanzo, temperato spesso dall ironia, come avviene già qui, quando si dice che i soldati insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre (rr. 25-26) e saccheggiavano in autunno le vigne, per alleggerire a contadini le fatiche della vendemmia (r. 28). Dopodiché il narratore torna alla descrizione dei luoghi, concentrandosi sulle stradine che s intersecano a mezza collina, offrendo magnifici scorci del lago, con i paesetti che vi si riflettono capovolti. Ogni riga lascia intuire l ammirato affetto di Manzoni, che in quelle terre trascorse buona parte dell infanzia. Don Abbondio a passeggio Il primo a capo segnala l inizio di una nuova sequenza, dal taglio non più descrittivo bensì narrativo. Una delle stradicciole (r. 49) è solcata dal passo svagato di un pacifico parroco di campagna, che torna bel bello (r. 49) dalla consueta passeggiata pomeridiana. Il clima pare in accordo con l idilliaco quadro paesaggistico, e anche il nome del prete, Abbondio (frequente in quelle zone), suggerisce un idea di calma e bonarietà: senonché la precisa indicazione cronologica è la sera del 7 novembre 1628 riporta il lettore ai tempi cupi ai quali si è accennato. In quella via, e in quella giornata, sta per avviarsi la faccenda su cui verte l intero romanzo. Ma don Abbondio lo ignora: avanza per la sua strada al tramonto, recitando come di consueto le preghiere. Gli avverbi (tranquillamente, r. 52; oziosamente, rr. 56-57) sottolineano la situazione di routine, che si incrina solo quando, alzati gli occhi verso un crocicchio, vede 48

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