Promessi sposi

T1 I BRAVI MINACCIANO DON ABBONDIO due uomini fermi in attesa, nei pressi di un tabernacolo. La scena è raccontata secondo il suo punto di vista: il prete si accorge subito del loro atteggiamento ambiguo e dell aspetto poco rassicurante. I bravi Ben curati nella persona, a partire dai baffi arricciati e dal ciuffo, indossano una serie di armi, a modo loro eleganti: le pistole attaccate al lucido cinturone di cuoio, il corno con la polvere da sparo pendente sul petto come una collana, il coltello che spunta dagli ampi e gonfi calzoni (rr. 83-84), lo spadone dalla splendida guardia, traforata a lamine d ottone (r. 84). Sono due bravi: cioè due uomini appartenenti a una delle tante milizie private messe in piedi dai nobili del Seicento, perfetti rappresentanti di un epoca caratterizzata dal dilagare della violenza e dal gusto dell esibizione sfarzosa. A questo preciso ritratto Manzoni aggiunge una digressione storica, che spiega la presenza di questi individui nella società lombarda del XVII secolo e, nel contempo, accresce la suspense nel lettore, impaziente di scoprire che cosa ci stiano a fare, in una stradicciola di campagna. Quando si ritorna alla narrazione il punto di vista è sempre quello di don Abbondio, che suo malgrado si rende conto di essere atteso. I due si guardano fra loro e gli si fanno incontro. Il parroco si guarda intorno ma non ha vie d uscita, né persone alle quali chiedere aiuto. disarmato e solo, come rimarca la triplice anafora di nessuno. Decide allora di affrettare il passo, e dissimulare la paura che lo pervade. Né domani, né mai Ci siamo (r. 110), dice mentalmente don Abbondio quando si trova di fronte i due bravi. Ci siamo , potrebbe ripetere il lettore, che si trova di fronte al momento chiave del romanzo, in cui l ingiustizia dei tempi si concretizza in un episodio preciso. Inizia infatti un dialogo nel quale compare l ostacolo che mette in moto la vicenda: i bravi vietano al pavido curato di celebrare le nozze fra i due promessi sposi, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella (questo matrimonio non s ha da fare, né domani, né mai, r. 122). Il parroco non si ribella, né difende i diritti dei due malcapitati, anzi li accusa di aver fatto i loro pasticci (r. 119) senza pensare a nient altro. Subito dopo precisa di non avere alcun interesse materiale nella questione: a me non me ne vien nulla in tasca (rr. 125-126). I due sgherri assumono atteggiamenti diversi: uno apre la bocca per sbraitare bestemmie e minacce, l altro sprezzante e sarcastico porge un saluto per conto dell illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone (r. 136). Don Abbondio capisce al volo, e si profonde in un inchino istintivo al mandante, un pericoloso signorotto locale che conosce di fama. Il dialogo, iniziato con un formale cosa comanda? (r. 112), si conclude con una professione di ubbidienza che lascia soddisfatti i bravi. Le figure sacre del tabernacolo sono testimoni del tradimento di don Abbondio, che invece di restare fedele ai doveri imposti dal suo ruolo si piega alla legge della violenza. Questo parroco, commenta poco oltre il narratore con un ironica litote, non era nato con un cuore di leone. Laboratorio sul testo COMPRENDERE 1. Dividi il brano letto in quattro sequenze principali, dando a ciascuna un titolo e indicando di che tipo sono. 2. A quale manoscritto si fa riferimento alla riga 52? 3. Da quali segni don Abbondio comprende che i due bravi stavano aspettando proprio lui? 4. Qual è la prima reazione di don Abbondio alla vista dei bravi? a Torna indietro. c Continua tranquillamente la passeggiata. b Cerca una via di fuga. d Chiede loro che cosa vogliano. 5. I bravi agiscono per conto proprio? 49

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