Classe di letteratura - Giacomo Leopardi

140 145 150 155 160 165 170 che qui sola di te la ricordanza trovo, dolcezza mia? Più non ti vede questa Terra natal: quella finestra, ond eri usata favellarmi, ed onde mesto riluce delle stelle il raggio, è deserta. Ove sei, che più non odo la tua voce sonar, siccome un giorno, quando soleva ogni lontano accento del labbro tuo, ch a me giungesse, il volto scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri il passar per la terra oggi è sortito, e l abitar questi odorati colli. Ma rapida passasti; e come un sogno fu la tua vita. Ivi danzando; in fronte la gioia ti splendea, splendea negli occhi quel confidente immaginar, quel lume di gioventù, quando spegneali il fato, e giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna l antico amor. Se a feste anco talvolta, se a radunanze io movo, infra me stesso dico: o Nerina, a radunanze, a feste tu non ti acconci più, tu più non movi. Se torna maggio, e ramoscelli e suoni van gli amanti recando alle fanciulle, dico: Nerina mia, per te non torna primavera giammai, non torna amore. Ogni giorno sereno, ogni fiorita piaggia ch io miro, ogni goder ch io sento, dico: Nerina or più non gode; i campi, l aria non mira. Ahi tu passasti, eterno sospiro mio: passasti: e fia compagna d ogni mio vago immaginar, di tutti i miei teneri sensi, i tristi e cari moti del cor, la rimembranza acerba. 162 ramoscelli e suoni: riferimento alla festa del Calen- dimaggio, quando per celebrare la rinascita della natura i ragazzi portavano doni alle ragazze. Pittore veneto, La ninfa Nerina informa Dafne della presunta morte di Silvia, metà del XVI secolo. Caldogno (Vicenza), Villa Caldogno, Sala di Sofonisba. 90 / GIACOMO LEOPARDI dal momento che qui di te trovo solo il ricordo, o mia dolcezza? Questo luogo che ti ha visto nascere (Terra natal) non vede più la tua presenza: quella finestra, dalla quale avevi l abitudine di parlarmi (ond eri usata favellarmi), e dalla quale viene riflessa (riluce) mestamente la luce (il raggio) delle stelle, ora è deserta. Dove sei, giacché non sento più risuonare (sonar) la tua voce, come accadeva in passato (siccome un giorno), quando ogni parola (accento) che da lontano giungesse a me dalle tue labbra era solita farmi impallidire? Erano altri tempi. La tua vita è trascorsa (I giorni tuoi furo), mio dolce amore. Ormai sei passata. Il passare su questa terra oggi è dato in sorte (è sortito) ad altri, così come l abitare questi colli profumati. Ma sei passata troppo in fretta (rapida); e la tua vita è stata breve come un sogno. Andavi (Ivi) come danzando; sulla fronte ti splendeva la gioia, negli occhi ti splendevano quell immaginazione fiduciosa (confidente immaginar) e quella luce della gioventù, quando il destino li spense, e tu giacesti morta. Ahimè, Nerina! Nel mio cuore regna l antico amore. Se qualche volta vado ancora (anco) a una festa o a un raduno di persone (radunanze), dico fra me stesso: o Nerina, tu non ti prepari (ti acconci) più, tu non vai più a raduni e a feste. Se torna maggio, e gli amanti regalano (van recando) alle ragazze ramoscelli fioriti e canti (suoni), dico: Nerina mia, per te la primavera non tornerà mai più, né tornerà l amore. Di fronte a ogni giorno sereno, a ogni distesa (piaggia) fiorita che contemplo (miro), a ogni piacere che provo, dico: Nerina non gode più; non guarda più i campi e l aria. Ahimè, tu sei passata, eterno mio rimpianto (sospiro): sei passata: e il doloroso ricordo (rimembranza acerba) sarà (fia) compagno di ogni mia dolce (vago) immaginazione, di tutti i miei sentimenti (sensi) più delicati, delle tristi e care emozioni (moti) del cuore.

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