T3 ANALISI ATTIVA - La pietanziera

La pietanziera / T3 / Marcovaldo, cap. 7 / Un pranzo in città / All ora di pranzo, il manovale Marcovaldo siede sulla panchina di un viale e svita il coperchio della sua pietanziera, pregustando le gioie che dovrebbero giungergli dai profumi e dai sapori del desco familiare. Ma non sempre l attesa si traduce in realtà; un giorno d autunno, dopo aver scoperto che il contenitore ospita l ennesimo pasto deludente preparatogli dalla moglie, inizia a vagare per le strade della città in preda alla tristezza, finché trova il modo di dare una svolta alla sua pausa. Il capitolo è collocato nella sezione Autunno. 5 10 15 20 25 30 Le gioie di quel recipiente tondo e piatto chiamato «pietanziera consistono innanzitutto nell essere svitabile. Già il movimento di svitare il coperchio richiama l acquolina in bocca, specie se uno non sa ancora quello che c è dentro, perché ad esempio è sua moglie che gli prepara la pietanziera ogni mattina. Scoperchiata la pietanziera, si vede il mangiare lì pigiato: salamini e lenticchie, o uova sode e barbabietole, oppure polenta e stoccafisso, tutto ben assestato in quell area di circonferenza come i continenti e i mari nelle carte del globo, e anche se è poca roba fa l effetto di qualcosa di sostanzioso e di compatto. Il coperchio, una volta svitato, fa da piatto, e così si hanno due recipienti e si può cominciare a smistare il contenuto. Il manovale Marcovaldo, svitata la pietanziera e aspirato velocemente il profumo, dà mano alle posate che si porta sempre dietro, in tasca, involte in un fagotto, da quando a mezzogiorno mangia con la pietanziera anziché tornare a casa. I primi colpi di forchetta servono a svegliare un po quelle vivande intorpidite, a dare il rilievo e l attrattiva d un piatto appena servito in tavola a quei cibi che se ne sono stati lì rannicchiati già tante ore. Allora si comincia a vedere che la roba è poca, e si pensa: «Conviene mangiarla lentamente , ma già si sono portate alla bocca, velocissime e fameliche, le prime forchettate. Per primo gusto si sente la tristezza del mangiare freddo, ma subito ricominciano le gioie, ritrovando i sapori del desco familiare, trasportati su uno scenario inconsueto. Marcovaldo adesso ha preso a masticare lentamente: è seduto sulla panchina d un viale, vicino al posto dove lui lavora; siccome casa sua è lontana e ad andarci a mezzogiorno perde tempo e buchi nei biglietti tramviari, lui si porta il desinare nella pietanziera, comperata apposta, e mangia all aperto, guardando passare la gente, e poi beve a una fontana. Se è d autunno e c è sole, sceglie i posti dove arriva qualche raggio; le foglie rosse e lucide che cadono dagli alberi gli fanno da salvietta; le bucce di salame vanno a cani randagi che non tardano a divenirgli amici; e le briciole di pane le raccoglieranno i passeri, un momento che nel viale non passi nessuno. Mangiando pensa: «Perché il sapore della cucina di mia moglie mi fa piacere ritrovarlo qui, e invece a casa tra le liti, i pianti, i debiti che saltano fuori a ogni discorso, non mi riesce di gustarlo? E poi pensa: «Ora mi ricordo, questi sono gli Le parole valgono salvietta L origine etimologica è dal verbo francese servir, servire . In francese è serviette, in italiano salvietta: un capo di biancheria da tavola usato per asciugarsi e pulirsi le labbra, dunque un tovagliolo, specie se di pic- 632 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA cole dimensioni, di cotone o di carta. Il vocabolo conosce però usi regionali molto vari; a seconda della zona d Italia, può significare cose diverse: per esempio, tovaglia, asciugamano, telo da mare. Componi una frase che contenga il vocabolo in una delle accezioni elencate, a tua scelta.

Classe di letteratura - volume 3B
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Dalla Prima guerra mondiale a oggi