Pier Paolo Pasolini

LA VITA

L’infanzia e l’adolescenza

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922, primogenito di Carlo Alberto (ufficiale di carriera, appartenente al ramo secondario di una nobile famiglia ravennate, i Pasolini dall’Onda) e di Susanna Colussi (maestra elementare, originaria di  Casarsa della Delizia, un borgo friulano alla cui antica fondazione la leggenda racconta che i Colussi avessero partecipato).

Nell’infanzia e per tutta l’adolescenza abita in varie città dell’Italia del Nord, seguendo gli spostamenti del padre: nel 1923 la famiglia è a Parma; nel 1924 a Conegliano; nel 1925 a Belluno, dove nasce il fratello Guido. Dopo qualche altra peregrinazione, la famiglia si trasferisce nel 1929 a Sacile, presso Pordenone. Dal 1932 al 1935 i Pasolini vivono a Cremona, poi si trasferiscono a Scandiano (in provincia di Reggio Emilia) e in seguito a Bologna, dove resteranno fino alla fine del 1942.

Saltato per il brillante profitto l’ultimo anno di liceo classico, nel 1939 Pasolini si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna; in tutto questo periodo giovanile, nella girandola delle scuole diverse e dei traslochi, rimane una costante della famiglia l’usanza di trascorrere le vacanze a Casarsa, «un vecchio borgo […] grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana».

All’università le materie preferite di Pasolini sono Filologia romanza e Storia dell’arte; segue le lezioni dello storico dell’arte Roberto Longhi e decide di chiedergli la tesi. Ancora studente, scrive articoli per “Architrave”, la rivista del Gruppo universitario fascista (Guf), ed è redattore del “Setaccio”, l’organo della Gioventù italiana del Littorio (Gil). Il suo potenziale antifascismo è tutto culturale, fatto di insofferenza per l’angustia e le censure del regime.

Nel 1942 pubblica Poesie a Casarsa, testi scritti nel friulano «della destra del Tagliamento», una lingua che non vantava tradizioni letterarie e che egli in parte inventa per puri scopi artistici. La pubblicazione del libretto, elogiato dal critico Gianfranco Contini, cambia la vita dell’autore: da questo momento il suo impegno principale diventa la poesia.

Il periodo di Casarsa

Pasolini viene chiamato alle armi pochi giorni prima dell’8 settembre 1943. Quando il suo reparto viene fatto prigioniero dai tedeschi, lui riesce a fuggire e si mette in salvo a Casarsa, dove intanto la famiglia si era trasferita per attendere al sicuro la fine della guerra. Nella fuga perde gli appunti della tesi di laurea, episodio che lo convince a cambiare l’oggetto della ricerca: si laureerà nel novembre del 1945 con una tesi su Giovanni Pascoli.

A Casarsa si dedica con passione all’insegnamento: dapprima in una piccola scuola privata aperta da lui e dalla madre per dare istruzione ai figli dei contadini, poi con un incarico alla scuola media di Valvasone, nei pressi di Pordenone. Vivere in paese lo avvicina alla gente e ai suoi problemi sociali: ora il dialetto non è più soltanto una lingua per fare poesia, ma un idioma effettivamente parlato.

Intanto nel febbraio del 1945  il fratello Guido, partigiano nella brigata azionista (cioè facente riferimento al Partito d’azione) Osoppo, è ucciso dai partigiani comunisti che combattono per l’adesione del Friuli alla Repubblica iugoslava di Tito. Ciononostante, alla fine del 1947 Pasolini si iscrive al Partito comunista italiano (Pci) e partecipa attivamente alle sue iniziative.

Il 30 agosto 1949 durante una festa di paese Pasolini si apparta con alcuni ragazzi, ma il giorno dopo uno di loro ne parla e qualcuno informa i carabinieri: denunciato per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico, viene rinviato a giudizio. Il processo finirà poi con il ritiro delle querele di parte e con un’assoluzione per insufficienza di prove, ma intanto è scoppiato lo scandalo: lo scrittore è sospeso dall’insegnamento ed espulso dal Pci.

Nel gennaio del 1950, non riuscendo più a sopportare la situazione creatasi in paese, Pier Paolo e la madre decidono un improvviso trasferimento, quasi una fuga, a Roma, presso uno zio materno.

 >> pagina 669

IL CARATTERE

UNA PERSONALITÀ SOFFERTA

Le tensioni familiari

Durante l’infanzia e l’adolescenza Pier Paolo e il fratello Guido soffrono dei cattivi rapporti tra il padre e la madre, che spesso sfociano in litigi. Tuttavia, nel complesso, l’immagine che si ricava dei primi anni della vita di Pasolini è quella di un ragazzo che la famiglia pone al centro di tutte le cure: adorato e riverito dal fratello, esaltato dai genitori per la precoce vocazione di poeta, capace di amicizie e desideroso di avventura; un ragazzo forte e sportivo, che ama la scherma e il gioco del calcio, capo naturale di bande di ragazzi che giocano alla guerra.

Lo stretto legame con la madre

Nelle tensioni familiari il piccolo Pier Paolo sta dalla parte della madre, più colta e riservata. Con lei, del resto, lo scrittore manterrà sino alla fine un legame speciale. In una lirica della raccolta Poesia in forma di rosa (1964), intitolata Supplica a mia madre, Pasolini enuclea, in alcuni densi e lucidissimi versi, il rapporto edipico con la figura materna, ma anche tutto il suo affetto e il suo amore, ragione dell’impossibilità di una vita sentimentale appagante:


È difficile dire con parole di figlio / ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. // Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, / ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore. // Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere: / è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. // Sei insostituibile. Per questo è dannata / alla solitudine la vita che mi hai data. // E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame / d’amore, dell’amore di corpi senza anima. // Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu / sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù


Se l’amore “spirituale” è completamente assorbito dalla madre, gli altri amori potranno attingere soltanto la dimensione fisica e sessuale («fame […] di corpi senza anima», appunto).

La condizione omosessuale

Veniamo così a un aspetto fondamentale per capire la psicologia di Pasolini, vale a dire la sua omosessualità, resa nota con una vicenda che destò scandalo nel 1949 a Casarsa. Un accenno a quell’episodio è contenuto in alcune poesie e in un romanzo (Il disprezzo della provincia) pubblicati postumi; ma è strano che la circostanza più romanzesca di tutta la sua vita non abbia mai trovato, nella sua pur abbondante produzione, un momento di piena espressione.

Pasolini tratta apertamente la tematica omosessuale in chiave autobiografica soltanto in due racconti, scritti negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, ma usciti postumi (nel 1982): Atti impuri, dove la storia si sviluppa in termini angosciati e angosciosi, e Amado mio, caratterizzato da un’atmosfera più serena. Quest’ultima è l’unica sua opera in cui dell’omosessualità si dà una rappresentazione positiva, leggera, giocosa, priva di sensi di colpa e di preoc­cupazioni per lo stigma sociale che ne deriva: dalla spensieratezza giovanile, l’esperienza di vita dello scrittore si muove infatti in tutt’altra direzione, sino al suo tragico epilogo.

 >> pagina 670

Gli anni romani

Dal 1950 fino alla morte Pasolini resterà a Roma con la madre, cambiando più volte quartiere. Gli inizi nella capitale sono durissimi: la madre si impiega come governante e lui guadagna qualcosa come comparsa nei film prodotti a Cinecittà; alla fine del 1951 (e fino al 1953) trova un posto di insegnante presso la scuola media privata di Ciampino (tra i suoi alunni c’è il futuro scrittore Vincenzo Cerami). Diventa amico dei poeti Sandro Penna e Giorgio Caproni, poi degli scrittori Alberto Moravia ed Elsa Morante.

Grazie all’interessamento del poeta Attilio Bertolucci, gli vengono commissionate dalla casa editrice Guanda due antologie: una dedicata alla poesia dialettale del Novecento e l’altra alla poesia popolare italiana. Al 1954 risale il primo lavoro cinematografico: Pasolini è tra gli sceneggiatori di un film di Mario Soldati, La donna del fiume, con la giovane Sophia Loren. Collabora anche con Mauro Bolognini per diversi suoi film e con Federico Fellini per Le notti di Cabiria e per La dolce vita.

Gli anni Cinquanta sono per Pasolini il periodo di massimo entusiasmo creativo, legato alla scoperta di un universo per lui nuovo, quello delle  borgate abitate dal sottoproletariato, dove conosce alcune “guide” che lo aiuteranno a penetrare in quel difficile tessuto umano e sociale: prima i fratelli Sergio e Franco Citti e poi Ninetto Davoli. Da questa esplorazione del mondo delle borgate deriva il romanzo Ragazzi di vita (1955), che fa di Pasolini un personaggio noto e controverso (il successo di pubblico è favorito da un processo per oscenità, da cui l’autore è poi assolto); segue nel 1959 Una vita violenta.

Nel 1957 Pasolini pubblica la raccolta di poemetti Le ceneri di Gramsci, che lo qualifica come “comunista eretico” per l’atteggiamento critico nei confronti della dirigenza del Pci, dopo l’invasione dell’Ungheria e il XX congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica (Pcus), nel 1956. Dal 1955 al 1959 dirige, insieme a Francesco Leonetti, Roberto Roversi, Franco Fortini e Angelo Romanò, la rivista bolognese “Officina”, i cui orientamenti di poetica ne fanno una sorta di ponte tra il Neorealismo e le nascenti neoavanguardie.

Gli anni Sessanta rappresentano per lo scrittore un periodo di smarrimento e incertezza: venuta meno

la fiducia nell’interpretazione marxista del mondo, questo comincia ad apparirgli come un gigantesco caos in cui la borghesia (intesa più come attitudine psicologica che come classe sociale) occupa l’intero orizzonte e delinea un’oscura «nuova preistoria», vale a dire un’epoca di regressione etica e intellettuale. Di fronte alla crescente integrazione del proletariato nella mentalità borghese e alla sua conseguente perdita di spontanea umanità, Pasolini cerca un’alternativa sempre più a Sud e più lontano: dal «Terzo Mondo accampato nelle nostre periferie» passa alle «Casiline del mondo», cioè alle periferie globali. Nel 1961 fa un viaggio in India con Moravia ed Elsa Morante, dal 1962 in poi (spesso ancora con Moravia) viaggia soprattutto in Africa.

In questo periodo cresce anche il suo interesse per il cinema, una forma artistica a cui Pasolini si accosta alla ricerca di un pubblico più ampio e universale, a partire dai primi anni Sessanta con i film da lui diretti Accattone (1961) e Mamma Roma (1962).

Gli anni Settanta sono quelli della disperazione: Pasolini constata negli italiani una «mutazione antropologica», che li ha condotti – a contatto con la modernità, il benessere e la civiltà dei consumi – a perdere ogni carattere individuale e spirituale. Tale processo degenerativo è spesso al centro dei suoi articoli, pubblicati dal 1973 sul “Corriere della Sera”, in una collaborazione che prosegue fino alla sua morte e gli offre una costante visibilità pubblica.

Nella raccolta di versi La nuova gioventù (1975) ha modo di tessere un’amara palinodia delle sue prime poesie friulane, mentre lavora accanitamente a Petrolio, un “non-romanzo” che si addentra nei misteri e nei complotti della Storia italiana a lui contemporanea. Nel suo ultimo film Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) il mondo gli appare ormai come una sorta di campo di concentramento globale.

Nella notte del 1° novembre 1975  Pasolini viene assassinato all’idroscalo di Ostia. Al processo, l’unico imputato, Pino Pelosi, è condannato per omicidio «in concorso con ignoti». All’inizio la pista più accreditata sembra quella legata all’ambiente della prostituzione omosessuale, ma in seguito sono emerse diverse incongruenze, tanto da far ipotizzare che i mandanti venissero da altri ambienti: politici, economici o mafiosi, come conseguenza delle opinioni sempre più scomode da lui espresse e delle denunce di cui si faceva portatore. Certo è che dopo tanti anni il mistero di quella tragica notte rimane fitto, e forse per sempre inestricabile.

 >> pagina 672

I luoghi di Pasolini

1. Bologna

Qui nasce nel 1922. Dopo vari trasferimenti in diverse città del Nord Italia, dovuti al lavoro del padre, la famiglia risiede stabilmente nel capoluogo emiliano fino al 1942.


2. Casarsa della Delizia

Chiamato alle armi nel 1943 e fatto prigioniero, riesce a rifugiarsi nel paese friulano di cui era originaria la madre. Si dedica all’insegnamento, fino alla sospensione a seguito di un’accusa di corruzione di minorenni.


3. Roma

Trasferitosi nella capitale nel 1950, torna a insegnare e a scrivere, oltre a intraprendere l’attività cinematografica.


4. Ostia

Attraversa un periodo di smarrimento e incertezza, poi sfociata in disperazione. Viene assassinato all’idroscalo di Ostia la notte del 1° novembre 1975.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi