Pier Paolo Pasolini

I GRANDI TEMI

1 La visione politica

La dimensione dell’impegno politico è un elemento centrale della figura di Pasolini come intellettuale, ma anche come artista. Il momento dell’acquisizione di una consapevolezza ideologica è rappresentato per lo scrittore dagli anni trascorsi a Casarsa, nell’ultima fase della guerra e poi nell’immediato dopoguerra.

Inizialmente è un episodio legato alla pubblicazione, nel 1942, di Poesie a Casarsa a stimolare in lui – a quanto egli stesso ci dice – una coscienza politica più definita. Una quindicina di giorni dopo l’uscita del libro, Pasolini riceve una cartolina postale di Gianfranco Contini, giovane ma già brillante critico, il quale gli dice che le poesie gli sono molto piaciute e che le recensirà presto. Contini infatti scrive subito un articolo per la rivista “Primato”, che però viene bloccato e potrà uscire soltanto l’anno dopo in Svizzera sul “Corriere del Ticino”, poiché l’orientamento di esasperato nazionalismo della cultura ufficiale della dittatura mussoliniana disdegna la poesia dialettale. L’esperienza diretta della censura di regime vissuta sulla propria pelle determina in Pasolini una netta scelta antifascista.

La scoperta di Marx Una tematica apertamente politica compare nelle poesie degli anni successivi, raccolte nei volumi La meglio gioventù (1954) e L’usignolo della Chiesa Cattolica (1958). La sezione finale (del 1949) di quest’ultimo si intitola La scoperta di Marx: ciò prelude alla centralità della tematica politica che sarà propria della raccolta successiva, significativamente intitolata Le ceneri di Gramsci (1957), la quale comprende componimenti degli anni Cinquanta. Il comunismo di Pasolini sarà sempre, però, piuttosto eterodosso. Quello che gli interessa, infatti, non è tanto il proletariato, cui si rivolge il Pci, ma il sottoproletariato, ovvero il popolo prima dell’avvento di una coscienza di classe.

Di fronte a Gramsci Nel poemetto che dà il titolo alla raccolta Le ceneri di Gramsci, in un immaginario colloquio con l’urna dell’autore dei Quaderni del carcere, Pasolini esprime tutta l’ambiguità della propria appartenenza politica: «Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere / con te e contro te; con te nel cuore, / in luce, contro te nelle buie viscere». E alcuni versi più avanti il poe­ta spiega tale contraddizione: «attratto da una vita proletaria / a te anteriore, è per me religione // la sua allegria, non la millenaria / sua lotta: la sua natura, non la sua / coscienza».

Davanti a Gramsci, assurto a simbolo dell’ortodossia marxista, Pasolini dichiara che il suo amore per il mondo popolare è viscerale, estraneo a ogni ideologia. La conquista della coscienza di classe, che il comunismo indicava come l’obiettivo prioritario, in quanto preliminare alla possibilità di una lotta di massa finalizzata alla rivoluzione proletaria, avrebbe significato per il proletariato una maggiore consapevolezza politica, civile e culturale. Ma questo avrebbe finito con il compromettere l’autenticità, la genialità, la spontaneità, la libertà che Pasolini vede come caratteristiche fondamentali di quel popolo che nei suoi anni friulani prima e in quelli romani poi ha imparato a conoscere. Da qui la sua sofferta posizione politica: da una parte razionalmente desidera, insieme con il Partito e aderendo al suo programma, l’evoluzione culturale e il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori; ma dall’altra intimamente teme che quel processo di cambiamento possa determinare la corruzione, in senso borghese, della candida essenza popolare.

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La crisi dell’ideologia Nel film Uccellacci e uccellini (1966) l’ideologia, che assume le sembianze di un corvo parlante, incalza con mille domande gli attori Totò e Ninetto Davoli, straordinaria coppia sulla scena. È proprio il corvo a declamare ai signori Innocenti (Totò padre e Ninetto figlio) una sorta di apologo cristiano-marxista, quello, appunto, degli uccellacci e degli uccellini, per parlare della conflittualità di classe: gli uccellacci e gli uccellini (vale a dire i falchi e i passeri) sono gli oppressori e gli oppressi.

L’ideologia marxista, però, si rivela un discorso puramente moralistico e retorico, incapace di fare presa sulle coscienze dei proletari. Per questo Totò e Ninetto uccideranno il corvo per cibarsene: l’intellettuale comunista vede entrare in crisi il proprio ruolo, ed è divorato, cioè fagocitato dalla società dei consumi di massa.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi