CRITICI A CONFRONTO - Giuseppe Bonura e Marco Antonio Bazzocchi - La giornata d’uno scrutatore: passo falso o fondamentale tappa letteraria?

CRITICI A CONFRONTO

Giuseppe Bonura e Marco Antonio Bazzocchi

La giornata d’uno scrutatore: passo falso o fondamentale tappa letteraria?

Come valutare La giornata d’uno scrutatore? Per Giuseppe Bonura (1933-2008), al di là delle intenzioni dell’autore, l’esito è deludente, poiché Calvino, quando si pone come «psicologo» o «moralista politico», risulta poco convincente. Al contrario, per Marco Antonio Bazzocchi (n. 1961), quest’opera presenta una nuova visione dell’umano (superando il motivo della scissione che caratterizzava i personaggi della trilogia I nostri antenati) e anticipa così la visione «cosmicomica» della realtà che caratterizzerà la successiva produzione calviniana.

Giuseppe Bonura

La giornata d’uno scrutatore sembra una provocazione. E forse lo è. Si rilegga l’attacco del romanzo. Il naturalismo è presente sia nella puntigliosa annotazione dell’ora (le cinque e mezzo del mattino), sia nell’inciso dell’elemento atmosferico: «La giornata si annunciava piovosa». Erano proprio questi elementi che caratterizzavano, esteriormente, i personaggi ottocenteschi. Un esempio: il cielo plumbeo, quasi nero, sotto il quale vaga Renzo alla ricerca di Lucia nel lazzaretto, non è un elemento «pittorico» casuale, ma l’equivalente «naturale» dello stato d’animo di Renzo.
La stessa cosa accade nella Giornata d’uno scrutatore. L’uggiosità della pioggia è il simbolo dell’uggiosità morale di Amerigo Ormea. Nel romanzo di Calvino il lazzaretto è il Cottolengo di Torino, dove è posto il seggio elettorale. Né finiscono qui le affinità, magari tirate per i capelli. Gli uomini che si trovano nel lazzaretto sono solo larve di uomini, brandelli di carne e di ossa in attesa della morte. Gli uomini che popolano il Cottolengo sono creature già morte, che tuttavia continuano a vivere, anzi a vegetare. Oltre, sempre per stare nel paragone abbastanza in congruo (ma fino a che punto?), come Manzoni anche Calvino si è ispirato a un evento storico, quale fu appunto la giornata elettorale del 7 giugno 1953.
Ma se Calvino ha una volta dichiarato che una delle sue più grandi aspirazioni è di scrivere un romanzo storico, La giornata d’uno scrutatore non lo è, non lo diventa: perché quello che sta a cuore al narratore ligure non sono gli scontri politici, ma l’umanità degradata del Cottolengo. Si ha netta l’impressione che la politica non sia altro che un pretesto. Lo sguardo di Calvino, lucido, ironico e pietoso nello stesso tempo, si appunta sugli storpi, sui dementi, sui «mostri». La giornata d’uno scrutatore è, a conti fatti, il conflitto morale che si scatena nell’intellettuale Amerigo Ormea al cospetto e al contatto con un chiuso mondo di uomini che paiono contraddire in pieno il sogno illuminista di un’armonia tra uomo, natura e storia. E allora gli interrogativi sugli uomini-pesce e sugli uomini-pinta del Cottolengo si allargano fino a comprendere il significato ultimo della vita. Amerigo Ormea è travagliato da una serie di dubbi: perché i malati, i deficienti, i mostri? E d’altra parte, perché i sani, perché i felici? E non basta. Che senso ha la procreazione se la natura può giocare beffe così orribili? La giornata elettorale dello scrutatore Ormea diventa un monologo dialettico, in cui però gli interrogativi si aggrovigliano e si attorcigliano intorno a sé stessi, senza trovare uno sbocco. Quando Amerigo Ormea sprofonda in questi pensieri, alimentati tra l’altro da considerazioni politiche, filosofiche e sociali che li rendono ancora più complicati, la pagina di Calvino diventa opaca, greve. La provocazione di cui parlavamo può anche essere considerata come una scommessa che Calvino ha fatto con sé stesso: di scrivere un romanzo realista senza cadere nell’ovvio di una letteratura impegnata ideologicamente.
«Ogni storia nasce da una specie di groppo lirico che si forma a poco a poco e matura e si impone.» La diagnosi è esatta, ma la terapia applicata nella Giornata d’uno scrutatore non è molto convincente. La forza di Calvino sta nello sguardo che collega i vari elementi narrativi secondo un disegno favolistico. Quando si addentra nelle psicologie o, peggio ancora, fa il moralista politico, il suo modo di narrare assume un andamento affannoso, da centometrista che vuole a tutti i costi fare il maratoneta.

(Giuseppe Bonura, Invito alla lettura di Calvino, Mursia, Milano 1972)

Marco Antonio Bazzocchi

Calvino può accettare il mostruoso e il deforme, ciò che biologicamente è deviante, ma non vuole lasciarlo interamente fuori dalla Storia. Apre quindi lo spazio del possibile. Se l’evoluzione avesse seguito altri percorsi, se ci fossero state reazioni diverse a qualche cataclisma preistorico, il Cottolengo potrebbe essere «il solo mondo al mondo». L’evoluzione, anzi, potrebbe un giorno prendere questa strada, «se è vero che le radiazioni atomiche agiscono sulle cellule che racchiudono i caratteri della specie». La nuova specie di esseri mostruosi sarebbe l’unica specie capace di riconoscersi, e di concepirsi in quanto umana. Ammesso che la Storia ricominci da qui, da questa autocoscienza, il popolo del Cottolengo può dunque aspirare a una sua storia. Una volta eliminato il confronto con l’esterno (i “normali”, [...] la bellezza) il mondo deforme inizia a pensare sé stesso come società, come unica società, e il mondo dei normali, espulso dalla Storia, resta presente solo come ricordo di un passato mitico, «un mondo di giganti, un Olimpo».
Amerigo capovolge così letteralmente i rapporti tra due realtà diverse. Colloca alla base della Storia (di una Nuova Storia) la realtà di coloro che sono concepiti solo come deviazione dalla Natura, e proietta in un passato mitico (fuori dalla Storia) coloro che invece credono di esserne gli attori protagonisti. Questa soluzione, drammatica per Amerigo («più la possibilità che il Cottolengo fosse l’unico mondo possibile lo sommergeva, più Amerigo si dibatteva per non esserne inghiottito»), diventa per Calvino, nello stesso momento in cui porta a termine La giornata, il motivo conduttore di una visione comica del mondo che si manifesta con enorme spinta creativa nei racconti cosmicomici. Attraverso la maschera di Amerigo, come Perseo difeso dallo scudo specchiato di fronte alla Medusa, Calvino può iniziare a concepire l’ipotesi di una deviazione biologica nella Storia che non sia concessione all’irrazionale e all’inconscio. E nello stesso tempo riesce a elaborare una nuova versione dell’umano liberandola dall’allegoria della scissione e dell’incompletezza che caratterizzava, a vario livello, i tre personaggi degli Antenati: Visconte, Barone, Cavaliere.

(Marco Antonio Bazzocchi, Corpi che parlano. Il nudo nella letteratura italiana del Novecento, Bruno Mondadori, Milano 2005)

PER SCRIVERNE

Nel saggio da cui è tratto il brano, Marco Antonio Bazzocchi si concentra sul ruolo della corporeità nella Giornata d’uno scrutatore, spiegando le ragioni per cui il romanzo va considerato una vera e propria discesa agli inferi, un viaggio in un mondo completamente diverso da quello a cui siamo abituati. A partire dalla lettura dei corpi dei pazienti del Cottolengo, lo studioso legge il libro come una metafora della perdita delle coordinate interpretative con le quali l’umanità immagina il proprio ruolo nel mondo e nella Storia. Sulla base di quanto hai letto di questo romanzo, sei d’accordo con Bazzocchi? Ritieni pienamente riuscita l’operazione letteraria calviniana oppure, come Bonura, hai delle riserve in merito? Motiva la tua risposta, facendo riferimento ai passi letti dell’opera, in un testo argomentativo di circa 30 righe.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
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