T3 - Veglia

T3

Veglia

Il porto sepolto

Siamo a due giorni dal Natale. Accanto al poeta, acquattato nella trincea, vi è un soldato ucciso, illuminato dalla luce della luna, con le mani congelate e i lineamenti del volto irrigiditi dalla morte: assistendo allo strazio di quella fine, Ungaretti sente riaccendersi in lui il desiderio di ancorarsi, quasi disperatamente, al dono dell’esistenza.


METRO Versi liberi.
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Audiolettura

Cima Quattro* il 23 dicembre 1915

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
5      con la sua bocca
▶ digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
10    penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
15    tanto
attaccato alla vita

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il primo Natale trascorso come soldato lontano da casa costituisce per il poeta l’iniziale, drammatico approccio alla verità della guerra: accanto a lui giace, come un oggetto inanimato, il cadavere di un commilitone deturpato dalle ferite. Di fronte alla brutale concretezza della morte, Ungaretti si appiglia alla duplice salvezza della scrittura e dell’amore: prende la penna e scrive, come in un diario grazie al quale possa comunicare amore ai suoi cari lontani.

Nessuna retorica può glorificare il dramma dell’uomo dinanzi alla sua fine: l’eroismo è bandito, cancellato dalla realtà orrenda della bocca / digrignata (vv. 5-6) del compagno ucciso. L’orribile spettacolo della morte suscita però nel poeta, per contrasto, l’anelito alla bellezza della vita. L’interventista che inneggiava alla necessità storica del conflitto scompare per lasciar posto all’artista che, facendo tesoro della lezione di Bergson, converte lo «slancio vitale» proclamato dal filosofo francese nella necessità di esprimere il desiderio fisiologico di esistere: Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita (vv. 14-16).

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Le scelte stilistiche

La rappresentazione ungarettiana, caratterizzata da una grande semplicità di linguaggio, è però teatralizzata in una serie di immagini di forte impatto emotivo, che rimandano al soggettivismo tipico dell’Espressionismo. La visione alterata sostituisce infatti la semplice descrizione analitica: la parola non si limita a descrivere un oggetto, ma si identifica con il sentimento, il grido, l’angoscia. Il poeta si dice buttato (v. 2) vicino al compagno ucciso: non scrive “coricato”, o magari “disteso”, poiché vuole esasperare il lato emotivo della sua condizione di persona inerte costretta a subire l’orrore della guerra.
Anche l’immagine del commilitone è resa secondo una modalità deformante: il participio massacrato (v. 4), che occupa un unico verso, rivela nella sua asprezza violenta l’atrocità della morte; lo stesso può dirsi per l’immagine successiva della bocca / digrignata (vv. 5-6): anche qui la tragica tensione del contesto si traduce nell’allucinante stravolgimento della fisionomia umana, che intensifica ulteriormente l’effetto di una realtà mostruosa e agghiacciante. La sineddoche (congestione / delle sue mani, vv. 8-9), adottata per sottolineare il gonfiore livido delle mani del compagno caduto, chiude la sequenza scolpendo la disumanità della morte, che sembra irrompere con la sua concreta, quasi grottesca materialità nella superstite vitalità del poeta sopravvissuto.

Lo stesso contrasto tra vita e morte è rivelato con una scelta stilistica espressionistica: in fondo l’intera lirica si basa, anche da un punto di vista strutturale, sull’antitesi violenta fra elementi in apparenza inconciliabili. Alla crudeltà del destino il poeta reagisce con uno scatto di ribellione: alle sue mani – tragico dato di realtà – corrisponde il mio silenzio (v. 11), nel quale si compie il miracolo della riscoperta elementare della vita, simboleggiata dal desiderio di scrivere lettere piene d’amore (v. 13). La pausa di silenzio, seguita dallo stacco tipografico, segna il cambio di tono rispetto alla prima strofa della lirica: nella seconda prevalgono la pacatezza e l’affermazione del diritto di esistere, sottolineata dalla rima al mezzo stato : attaccato (vv. 14 e 16), nonché dalla collocazione dell’avverbio tanto, isolato e in posizione centrale all’interno della strofa stessa.

La componente fonica, infine, si incarica di suggerire, mediante una ripetizione ossessiva di echi interni, la drammatica emotività del momento. L’incalzante successione dei participi passati, dall’iniziale buttato al finale attaccato, esprime l’angosciante e inaudita violenza della strage, facendo corrispondere reciprocamente il livello del suono e quello dei significati. In particolare, i participi riferiti al soldato morto presentano una serie di nessi consonantici dalla cupa valenza espressiva, scandita dall’allitterazione in r (massacratodigrignata, penetrata). Solo alla fine della strofa l’effetto fonico si addolcisce: le parole silenzio, lettere e amore comunicano l’ostinato e consolante recupero della speranza.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Esponi brevemente il contenuto della lirica.

2 Qual è il significato del titolo?

3 Su quali particolari del commilitone caduto si sofferma l’attenzione del poeta?

ANALIZZARE

4 In quali elementi stilistici, oltre a quelli già segnalati nell’analisi del testo, ti sembra di poter rintracciare la componente espressionistica?

INTERPRETARE

5 Quale valore dà il poeta al silenzio (v. 11)?

6 Il poeta afferma di aver scritto / lettere piene d’amore (vv. 12-13). A tuo giudizio, l’affermazione si può intendere realisticamente? Motiva la risposta.

SVILUPPARE IL LESSICO

7 Scrivi almeno 5 verbi che, come massacrare, appartengano all’area semantica di “uccidere”, colpire” e poi ordinali secondo la loro intensità.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi