T1 - In memoria

T1

In memoria

Il porto sepolto

La lirica apriva la prima edizione del Porto sepolto, quella del 1916: si tratta di un omaggio all’egiziano Moammed Sceab, un giovane amico conosciuto dal poeta sin dagli anni africani e poi morto suicida. Come sempre nella poesia ungarettiana, però, l’occasione contingente viene trascesa in un significato più ampio: in questo caso, la riflessione sull’identità e sul senso di appartenenza.


Metro Versi liberi.

Locvizza* il 30 settembre 1916


Si chiamava

Moammed Sceab


Discendente

di ▶ emiri di nomadi

5      suicida

perché non aveva più

Patria


Amò la Francia

e mutò nome


10    Fu Marcel

ma non era Francese

e non sapeva più

vivere

nella tenda dei suoi

15    dove si ascolta la cantilena

del Corano

gustando un caffè


E non sapeva

sciogliere

20    il canto

del suo abbandono

L’ho accompagnato

insieme alla padrona dell’albergo

dove abitavamo

25    a Parigi

dal numero 5 della rue des Carmes

appassito vicolo in discesa


Riposa

nel camposanto d’Ivry

30    sobborgo che pare

sempre

in una giornata

di una

decomposta fiera


35    E forse io solo

so ancora

che visse

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Come capita sempre in Ungaretti, il motivo autobiografico costituisce la molla per una riflessione più ampia e problematica sull’identità e sui sentimenti umani. In questo caso, lo spunto iniziale non si risolve nella pura concentrazione di immagini e illuminazioni, ma conserva un carattere narrativo, senza tuttavia perdere in complessità e respiro meditativo.

L’occasione è fornita dal suicidio di un amico di vecchia data: già frequentato dal poeta negli anni dell’adolescenza vissuti in Egitto, Moammed Sceab viveva a Parigi nello stesso albergo di Ungaretti, con cui condivideva interessi e passioni. Ma il legame più intimo e segreto tra i due giovani era fornito da un comune disagio esistenziale, dalla stessa difficoltà a definire la propria vita e a trovare una casa, una patria, una cultura, insomma un’identità. Nomadi entrambi, apolidi, sradicati: per Moammed tale condizione non era più sopportabile; il sentimento della diversità e dell’impossibilità di integrarsi con gli altri lo ha portato infatti alla decisione estrema del suicidio.
Ungaretti, invece, ha trovato nella poesia una chiave per attraversare il malessere e vincerlo; è riuscito a non impantanarsi nella palude dell’insensatezza e dell’annullamento, diversamente dall’amico, che aveva scelto di non essere più Moammed senza poter essere però sino in fondo Marcel (vv. 8-17); l’autore ha quindi potuto mitigare l’asprezza e il tormento della vita percorrendo la via salvifica dell’arte, mentre il compagno non sapeva / sciogliere / il canto / del suo abbandono (vv. 18-21).

In altri termini, il poeta riconosce il tormento di Moammed, si sente un suo alter ego, afflitto dalla stessa inquietudine e dalla comune incapacità di trovare un punto di approdo, un porto a cui attraccare per chiudere un estenuante vagabondaggio. Tuttavia la poesia gli ha impedito di andare alla deriva, migliorando la sua condizione originaria e facendo nascere in lui il desiderio di lasciare una testimonianza di sé: gli ha insomma salvato la vita e permesso di conservare il ricordo del morto, altrimenti destinato all’oblio (io solo / so ancora / che visse, vv. 35-37).

Le scelte stilistiche

Abbiamo rilevato il carattere narrativo di questa lirica, la quale non a caso si apre con un verbo (Si chiamava / Moammed Sceab) che indica il tempo e il nome del soggetto a cui è dedicata, e prosegue con la sua descrizione scavando nella sua remota identità e nelle sue origini fino a illustrarne il presente, l’amore per la Francia, la scelta di cambiare nome (sono significativi i perentori passati remoti Amò, v. 8; mutò, v. 9; Fu, v. 10). Dal racconto del passato del giovane, si passa a un resoconto quasi cronachistico: la terzultima e penultima strofa descrivono il funerale e il cimitero che accoglie i resti dell’amico in un’atmosfera e con toni che ricordano la mestizia dei poeti crepuscolari.
Tuttavia, la patina descrittiva della poesia è fortemente insidiata dal ritmo franto dei versi: i «versicoli» ungarettiani, come sempre senza punteggiatura, danno risalto alla singola parola concentrandosi in misure brevissime (c’è solo un endecasillabo ipermetro, al v. 26). Alcuni versi sono costituiti da un’unica parola: particolarmente pregnanti sono suicida (v. 5), Riposa (v. 28), sempre (v. 31), termini sintomatici di un perentorio e ormai irredimibile esito, la cui negatività è ribadita inoltre dalla frequenza dell’avverbio non (non aveva, v. 6; non era, v. 11; non sapeva, v. 18).

 >> pagina 133 

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi il contenuto del componimento.

ANALIZZARE

2 Quale valore ha l’alternanza dei tempi verbali che contraddistingue la terza e la quarta strofa?

3 Rintraccia le allitterazioni presenti negli ultimi tre versi: quale atmosfera contribuiscono a creare?

INTERPRETARE

4 Quali punti di contatto esistono tra la condizione di Moammed e quella di Ungaretti?

5 Il verbo “sapere”, attribuito prima a Moammed e poi al poeta stesso, decide in un certo senso dei loro diversi destini. Dopo aver riletto la poesia e l’analisi del testo, spiega in che senso.

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

OBIETTIVO
10 RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE


La vicenda di Moammed Sceab, africano e musulmano trapiantato in Europa, propone un tema di drammatica attualità, che continua a dividere l’opinione pubblica. Negli ultimi anni, alcune forze politiche hanno sostenuto la necessità di approvare un istituto giuridico, detto ius soli, che lega il riconoscimento della cittadinanza a un rapporto con il territorio, in modo che chi nasce in un determinato Stato ne acquisisca automaticamente la cittadinanza. Tuttavia l’iniziativa non è andata in porto, anche per la resistenza di altri partiti, ostili a politiche avanzate di integrazione.


• Qual è il tuo punto di vista in proposito? Affronta il tema in un testo argomentativo.

T2

Il porto sepolto

Il porto sepolto

Questo componimento – che dà il titolo alla raccolta del 1916 e alla sezione omonima dell’Allegria – costituisce una vera e propria dichiarazione di poetica. Ungaretti discende nell’abisso di sé e ne risale con il “dono” dei suoi canti.


Metro Versi liberi.

Mariano* il 29 giugno 1916

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
5      mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto

 >> pagina 134 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Per comprendere appieno questa poesia di Ungaretti dobbiamo affidarci alle sue parole: «Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi», ricorderà molti anni dopo averla scritta, «ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile, Jean e Henri Thuile. […] Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima d’Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. Quella mia città si consuma e s’annienta d’attimo in attimo. Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto: Il porto sepolto».

Il porto sepolto è dunque una sorta di luogo dell’anima, un simbolo indecifrabile che riposa dentro di noi. Il poeta cerca di immergervisi, esplorando quel recesso misterioso: Vi arriva (v. 1), alla fine di un viaggio interiore, al termine di un perenne nomadismo alla ricerca di qualcosa. Quando riemerge (torna alla luce, v. 2), comunica al mondo ciò che ha visto, le parole che vi ha trovato, il canto di quella realtà ineffabile che si trova al fondo della nostra anima. Questo messaggio da rivelare agli altri è per Ungaretti la poesia: una sorta di inchiesta continua, una ricerca dentro e fuori noi stessi, inseguendo l’oltre e l’eterno.
Tuttavia Ungaretti è cosciente che il lessico consueto e il linguaggio razionale non sono adeguati a spiegare la verità profonda dell’essenza umana: deve accontentarsi di offrire qualche frammento rivelatore di un segreto che non può essere colto e svelato del tutto. Le parole, cioè, sono un nulla (v. 6), nient’altro che un fragile reperto di una materia incommensurabilmente più ardua; eppure quel nulla è al tempo stesso qualcosa di importante, preziosa testimonianza di verità, messaggio autentico da comunicare e condividere con il prossimo.

La poesia acquista così una funzione fondamentale, che consiste nella sua valenza di iniziazione e di rito: rivelare la realtà che giace sotto le parvenze del vivere e che non è conoscibile con gli strumenti ordinari della ragione; scandagliare in profondità per cercare nell’abisso della psiche un’illuminazione folgorante. In quest’ottica al poeta viene concessa ancora la privilegiata capacità di comprendere l’alfabeto del mondo, decifrandone come un veggente o un oracolo segnali e codici. Non a caso egli disperde (v. 3) i suoi canti come al vento disperdevano i propri responsi i sacerdoti orfici e le sibille dell’antichità.

Le scelte stilistiche

Il bagaglio lessicale alto della lirica tradizionale italiana è archiviato, ma la semplicità riguarda solo il lessico: la poesia comunica un significato oscuro, da decifrare all’interno di una sequenza sintattica frantumata. Per coglierne il senso, il lettore non può prescindere dal titolo, che va considerato parte integrante del testo, come suggerisce l’attacco lirico in medias res. Qui troviamo il primo deittico della lirica (Vi arriva), seguito da altri due, accostati in antitesi (questa poesia, v. 4; quel nulla, v. 6), per marcare il senso di indeterminatezza che caratterizza la misteriosa e inafferrabile ambiguità della poesia.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi il contenuto della poesia.

ANALIZZARE

2 Qual è il soggetto dell’espressione mi resta (v. 5)?

3 Nella seconda strofa compaiono accostamenti tra termini apparentemente antitetici: individuali.

INTERPRETARE

4 Quali azioni svolge il poeta nella prima strofa? Con quali significati simbolici?

5 Qual è il ruolo che Ungaretti attribuisce in questi versi alla figura del poeta?

6 La poesia è per Ungaretti ciò che resta di quel nulla / d’inesauribile segreto (vv. 5-7). Quale relazione possiamo stabilire fra questa idea e la sua ricerca della brevità ed essenzialità?

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi