Classe di letteratura - volume 3A

DENTRO IL TESTO Buoni e cattivi Il riso di un dissacratore Commuovere e indignare I contenuti tematici Il messaggio morale e ideologico di De Amicis si affida a uno schematico umanitarismo: da una parte i depositari dei più nobili valori civili e morali, dall altra i sovvertitori del bene, i malvagi. Teatro di questa contrapposizione è la scuola, la palestra di vita in cui si impara anche che cosa siano il senso di sacrificio e le sofferenze, un microcosmo sociale che riproduce gli affetti e i rapporti esistenti nella famiglia e, in grande, nella patria. Nella parte nobile dell umanità, compaiono il maestro (che nel romanzo chiama i propri alunni «miei figlioli , in quanto membri di un affettuosa famiglia scolastica), i suoi piccoli studenti (dal primo della classe Derossi al forte e buono Garrone, dal piccolo muratorino, r. 4, che lavora per aiutare la famiglia, a Crossi, Precossi, Robetti, tutti figure di un Italia sofferente e operosa, sulle quali si appunta la compassione un po paternalistica dell autore), il signor Direttore, garante dell istituzione, fermo ma giusto, pronto ad accogliere la richiesta di aiuto e di perdono da parte di una madre disperata. Dall altra parte, nella zona buia degli irrecuperabili, tra le pecore nere della civiltà, stanno i ribelli. Campione indiscusso è Franti, il modello di malvagità che incarna lo stereotipo del cattivo italiano . A De Amicis non interessa indagare le ragioni familiari e sociali del suo comportamento deviante. Il messaggio pedagogico che egli intende trasmettere ai suoi giovani lettori non deve essere problematico: nessun alibi può giustificare la disumanità di chi viene considerato un delinquente nato, senza speranze. Non a caso, nella prima parte del brano antologizzato, l occasione in cui vediamo Franti esternare la propria irriverente maleducazione è un rito civile: mentre l esemplare Derossi è impegnato nella solenne rievocazione dei funerali di Vittorio Emanuele II, egli ride. Pochi giorni dopo, l oggetto del suo scherno è la madre: affannata, coi capelli grigi arruffati, tutta fradicia di neve (rr. 39-40), protagonista suo malgrado di una patetica scena teatrale, a cui assistono in silenzio tutti gli scolari, è la vittima disgraziata della malvagia irresponsabilità del figlio, che, dopo aver sbeffeggiato la patria (incarnata dalla figura del re), ora riserva lo stesso trattamento alla famiglia (rappresentata dalla madre). Le scelte stilistiche All enfatico appello del direttore (Franti, tu uccidi tua madre!, r. 64), De Amicis fa seguire un espressione destinata a rimanere impressa nella mente del suo pubblico: E quell infame sorrise (r. 65). La chiusa dell episodio è indubbiamente efficace: la rappresentazione commovente della madre malata e supplichevole (Mi faccia la grazia!, r. 48; lo faccia per pietà d una povera donna!, rr. 52-53), la gestualità mimica con cui rende partecipi della sua malattia (ho la morte qui, r. 49), il tono toccante di tutta la scena (si noti il ricorso sistematico al punto esclamativo) preparano, con un crescendo di tensione drammatica, l esito finale destinato a sdegnare i lettori. Attraverso la sua risata, Franti ha decretato con sfacciata insolenza il proprio destino di escluso dalla comunità civile. Un eloquente calco manzoniano facile supporre che, nel suggellare l emarginazione sociale di Franti con il suo E quell infame sorrise, De Amicis abbia voluto ricalcare un altra frase celebre e lapidaria: «La sventurata rispose , con cui, nei Promessi sposi (capitolo X), Manzoni aveva alluso alla perdizione di Gertrude, la monaca di Monza. A ben vedere, i due personaggi si assomigliano: cattivi e reietti in un mondo in cui dovrebbe vincere la bontà (in De Amicis) o la Provvidenza (in Manzoni), essi portano alle estreme conseguenze il proprio disadattamento (il ragazzo, al mondo e alla società borghese; la donna, al convento in cui l ha relegata la famiglia). Franti e Gertrude Nel caso di Gertrude, l assenza della fede e della pietà umana le ha impedito di imboccare la via del bene; in quello di Franti, la punizione (l esclusione dalla collettività e il riformatorio) è, per così dire, meritata, in quanto conseguenza di una scelta cattiva la quale lo ha portato a deridere i valori che, secondo De Amicis, una società giusta deve condividere. Tuttavia tra i due personaggi esiste anche una differenza, e non trascurabile: mentre i comportamenti di Franti (l infame) ne fanno un esemplare archetipico di malvagità consapevole, compiaciuta e perciò imperdonabile, la colpa della «sventurata è quella di non essersi opposta alle circostanze che l hanno condotta al traviamento, mostrandosi debole e incapace di ribellarsi alla violenza. 288 / IL SECONDO OTTOCENTO

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Dal secondo Ottocento al primo Novecento