T12 - Curzio Malaparte, Uno strano mortorio

Verso la prima prova d esame Curzio Malaparte, Uno strano mortorio T 12 La pelle Il romanzo La pelle (1949) di Curzio Malaparte (Prato 1898-Roma 1957), da cui è tratto il passo riportato di seguito, racconta, nei primi capitoli, l arrivo delle forze alleate in una Napoli prostrata dalla guerra e dalla fame. 5 10 15 20 25 30 35 Era l ora dei morti, l ora in cui i carri della Nettezza Urbana, quei pochi carri risparmiati dai continui, terribili bombardamenti di quegli anni,1 andavano di vicolo in vicolo, di tugurio in tugurio,2 a raccogliere i morti, nel modo stesso come, prima della guerra, andavano a raccogliere le immondizie. La miseria dei tempi, il disordine pubblico, la grande mori a,3 l avidità degli speculatori e l incuria delle autorità, l universale corruzione, erano tali, che seppellire cristianamente un morto era diventato cosa quasi impossibile, solo consentita a pochi privilegiati. Portare un morto a Poggioreale4 su un carretto trainato da un asinello, costava diecimila, quindicimila lire. E poiché si era ancora ai primi mesi dell occupazione alleata, e il popolino non aveva avuto il tempo di raggranellare un po di soldi con gli illeciti traffici del mercato nero, la plebe non poteva permettersi il lusso di dare ai propri morti quella cristiana sepoltura di cui, benché poveri, erano degni. Cinque, dieci, e fin quindici giorni rimanevano i cadaveri nelle case, in attesa del carro delle immondizie: lentamente si disfacevano sui letti, nella calda e fumosa luce dei ceri, ascoltando le voci dei familiari, il borbottio della caffettiera e della pentola di fagioli sul fornello di carbone acceso in mezzo alla stanza, i gridi dei bambini che ruzzavano nudi sul pavimento, e il gemito dei vecchi rannicchiati sui vasi, nell odore caldo e viscido degli escrementi, simile a quello che mandano i morti già sfatti. Al grido del monatto ,5 al suono della sua tromba, si levò dai vicoli un mormorio, un gridar frenetico, un rauco inno di pianti e di preghiere. Una turba d uomini e di donne sbucarono da una tana portando sulle spalle una rozza cassa, (v era penuria di legname, e le casse da morto eran fatte di vecchie tavole non piallate, di sportelli d armadio, d imposte tarlate) e correvano, alto6 piangendo e gridando, come se qualche grave e imminente pericolo li minacciasse, stretti intorno alla cassa con gelosa furia, quasi temendo che qualcuno venisse a contender loro il cadavere, a strapparlo alle loro braccia, al loro affetto. E quel correre, quel gridare, quella gelosa paura, quel voltarsi indietro a guatar7 con sospetto, quasi di gente inseguita, davano a quello strano mortorio8 l oscuro senso di un furto, il moto di un rapimento, un colore di cosa proibita. Per uno di quei vicoli, recando fra le braccia un morticino avvolto in un lenzuolo, veniva quasi di corsa un uomo barbuto, seguito e stretto da uno stuolo di donne che, strappandosi i capelli e le vesti, forte battendosi le mani nel petto, nel ventre, nelle cosce, levavano un alto e rotto lamento: che più che umano pareva un lamento bestiale, un urlo di bestia ferita. La gente si affacciava alle soglie, gridando e agitando le braccia, e attraverso le porte spalancate si scorgevano alzarsi 1 bombardamenti di quegli anni: dal 1940 al 1943, Napoli fu bombardata dalle forze Alleate, che entrarono in città il 1 ottobre del 1943, dopo che per quattro giorni gli abitanti si erano scontrati con l esercito tedesco, riuscendo a ottenerne la ritirata. 258 2 tugurio: abitazione angusta e squallida. 3 morìa: mortalità. 4 Poggioreale: il principale cimitero di Napoli. 5 monatto: addetto al trasporto dei malati e dei morti, ai tempi delle epidemie di peste. 6 alto: fortemente. 7 guatar: voce colta per guardare . 8 mortorio: funerale.

Palestra di scrittura
Palestra di scrittura