Il giardino del dolore (dallo Zibaldone)

Il giardino del dolore


di Giacomo Leopardi, dallo Zibaldone

Il brano che segue appartiene alla fase delpessimismo cosmico" leopardiano, secondo cui tutti gli esseri viventi sono condannati al dolore all’infelicità.

Non gli uomini solamente, ma il genere umano fu e sarà sempre infelice di necessità. Non il genere umano solamente ma tutti gli animali. Non gli animali soltanto ma tutti gli altri esseri a modo loro. Non solo gli individui, ma le specie, i generi, i regni, i globi, i sistemi, i mondi.


Entrate in un giardino di piante, d’erbe, di fiori. Sia pure ridente quanto volete. Sia nella più mite stagione dell’anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento [sofferenza]. Tutta quella famiglia di vegetali è in stato di sofferenza, quale individuo più, quale meno. Là quella rosa è offesa [danneggiata] dal sole che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un’ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. Il dolce miele non viene fabbricato dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini.


Quell’albero è infestato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella corteccia e tormentato dall’aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell’altro ha più foglie secche; quest’altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti.

Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L’una trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l’altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi.


In tutto il giardino tu non trovi una pianticella sola in stato di sanità perfetta. Qua un rametto è rotto o dal vento o dal suo proprio peso; là un venticello va stracciando [strappando] un fiore, si porta via un filamento, una foglia, una parte viva di questa o quella pianta, staccata e strappata via. Intanto tu strazi le erbe coi tuoi passi; le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi. Quella donzelletta [ragazza] sensibile e gentile va dolcemente strappando e infrangendo steli. Il giardiniere va troncando, tagliando membra sensibili, con le unghie, col ferro.

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Rispondi alle domande


1. Leopardi mette in evidenza il contrasto:

  • tra la sofferenza degli uomini e quella delle piante.
  • tra la bellezza del giardino e la sofferenza delle piante.

2. Secondo Leopardi, la natura è contraddittoria e crudele perché:

  • fa soffrire alcune specie più di altre.
  • crea gli esseri viventi per farli soffrire.

i canti

I Canti sono una raccolta di 41 poesie, scritte da Leopardi dal 1817 al 1836. Le poesie, che hanno temi diversi e forme metriche diverse, si possono dividere in quattro gruppi a seconda dell’ordine in cui appaiono nel libro.


1. Le  canzoni giovanili sono a tema patriottico, ed esprimono l’indignazione di Leopardi per la decadenza morale e civile dell’Italia.


2. I “piccoli  idilli” sono a tema autobiografico. In genere questi idilli prendono spunto da un evento o un fatto; non lo descrivono però in maniera oggettiva, ma raccontano i pensieri e i sentimenti che l’evento fa nascere nell’animo di Leopardi. 

Il mondo che circonda Leopardi diventa così un riflesso della condizione interiore del poeta. Fanno parte dei “piccoli idilli” L’infinito e La sera del dì di festa.


3. Nei “grandi idilli” è centrale il tema delle memoria: il ricordo delle cose perdute, della giovinezza, la nostalgia di una felicità ormai perduta. 

Queste poesie (scritte durante l’ultimo soggiorno a Recanati) prendono dunque spunto da eventi autobiografici, ma arrivano a una riflessione filosofica. La dolcezza dei ricordi è infatti oscurata dalla consapevolezza che il dolore e l’infelicità sono condizioni inevitabili della vita umana. Fa parte dei “grandi idilli” La quiete dopo la tempesta.


4. Fanno parte dell’ultima fase della lirica leopardiana:

  • le poesie del “ciclo di Aspasia”, nelle quali si parla di una delusione amorosa; l’amore è l’ultima illusione in cui Leopardi ha creduto, e dopo il rifiuto il poeta assume un atteggiamento distaccato e rifiuta ogni consolazione.
  • le “canzoni sepolcrali” e i canti napoletani. Fra queste ultime poesie c’è anche La ginestra, scritta nel 1836 durante il soggiorno in una villa alle pendici del Vesuvio e considerata il testamento poetico di Leopardi. La ginestra che fiorisce nella terra desolata ai piedi del Vesuvio (prima abitata dalla grande civiltà romana, spazzata via dall’eruzione del vulcano) diventa simbolo della dignità dell’uomo che, anche se offeso dalla natura, non si sottomette né si rassegna.

In queste opere Leopardi lascia il suo ultimo messaggio di solidarietà tra gli uomini contro la natura matrigna: gli uomini, cioè, anche se consapevoli della loro situazione di infelicità, non devono sottomettersi passivamente.

I saperi fondamentali di letteratura - volume 2
I saperi fondamentali di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento