Giacomo Leopardi

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LA VITA

Giacomo Leopardi nasce nel 1798 nel piccolo paese di Recanati. Il padre ha una biblioteca di 16.000 libri e Giacomo studia con grandissimo impegno. Per tutta la vita sarà afflitto da una malattia alla spina dorsale che gli impedisce di avere una vita normale.


A 13 anni compone i suoi primi versi, e comincia a mostrare i segni dell’inquietudine profonda che lo accompagnerà sempre. Soffre l’ambiente provinciale e soffocante di Recanati, vorrebbe andare via, ma il padre non vuole che lui si allontani.


Nel 1822 finalmente Leopardi lascia Recanati e viaggia tra Roma, Milano, Bologna e Pisa. A Firenze si innamora della nobildonna Fanny Targioni Tozzetti e viene respinto. L’insoddisfazione e la sensazione di grande solitudine non lo abbandonano.


Nel 1827 stringe amicizia con Antonio Ranieri, scrittore napoletano, e nel 1833 va a vivere con lui a Napoli. Durante il soggiorno napoletano le sue condizioni di salute si aggravano, e nel 1837 un malore lo uccide.

I TEMI

L’impegno civile

Rispetto al dibattito fra Classicisti e Romantici, Leopardi prende una posizione che non è solo letteraria, ma anche etica e civile. Egli infatti è convinto che la letteratura debba servire soprattutto ad aiutare gli uomini a sviluppare un pensiero autonomo e a giudicare la realtà senza illusioni.


Leopardi resta però isolato rispetto agli intellettuali del suo tempo. Egli è infatti un convinto materialista, lontano sia dallo spiritualismo cattolico, che dall’ottimismo degli illuministi, che credevano che l’intelletto umano avesse possibilità infinite e che l’uomo fosse destinato alla felicità. Per Leopardi tutte le visioni positive dell’esistenza si basano sulla tendenza dell’uomo a ingannare sé stesso.

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Pessimismo storico e pessimismo cosmico

Alcuni critici, semplificando molto, hanno diviso il pensiero di Leopardi in due fasi: “il pessimismo storico” e il “pessimismo cosmico”.


La prima fase è chiamata del “pessimismo storico” perché contrappone l’età antica all’età attuale. Nell’età antica l’uomo viveva a contatto con la natura. La natura, benigna, ha creato gli uomini felici perché li ha dotati della fantasia, che permette loro di non vedere il male della vita. 

L’età attuale è invece dominata dalla ragione, che toglie all’uomo la fantasia e quindi la capacità di illudersi e di sperare. Gli antichi, quindi, erano felici perché sapevano immaginare e potevano illudersi.


La seconda fase della sua meditazione è chiamata fase del “pessimismo cosmico” perché Leopardi si convince che l’infelicità non dipende dall’epoca storica, ma riguarda tutte le epoche e tutte le creature viventi. 

La natura non è più benigna, ma indifferente alla sorte dell’uomo: essa crea e distrugge seguendo leggi finalizzate solo a conservare l’ordine dell’Universo. 

In questa fase, Leopardi rivaluta la ragione, che permette all’uomo di vedere la realtà per quello che è, senza inganni.

La solidarietà

Leopardi rifiuta l’ottimismo e le illusioni che gli uomini si creano per non vedere la loro reale condizione. L’uomo quindi deve accettare le sofferenze della vita con coraggio e senza false speranze. L’unico conforto in cui può sperare è quello che viene dalla fratellanza e dalla solidarietà con gli altri uomini.

L’infelicità

La storia familiare e le problematiche fisiche segnano profondamente la vita di Leopardi, ma è sbagliato spiegare la poesia di Leopardi solo come il risultato di una vita infelice.


Nelle sue opere, infatti, egli non parla di sé stesso, ma di tutti gli uomini. Attraverso la sua sofferenza personale, Leopardi indaga la condizione di tutti gli uomini che – proprio in quanto esseri soggetti a malattia, vecchiaia e morte – sono destinati al dolore. 

La sofferenza è quindi lo strumento che Leopardi usa per vedere con più chiarezza la realtà della condizione umana, e per questo la sua poesia ha un carattere universale.

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La noia

Per Leopardi la noia nasce dal desiderio di felicità dell’uomo, che però non può essere soddisfatto; e dalla consapevolezza di quanto sia inutile sperare che il domani sarà diverso dall’oggi.

LE OPERE

Lo Zibaldone di pensieri riunisce annotazioni di grammatica, critica letteraria, filologia, politica e filosofia scritte da Leopardi dal 1817 al 1832 e raccolte senza un ordine preciso. È un documento unico, che permette di seguire (lungo migliaia di pagine) l’evoluzione del pensiero di Leopardi.


Negli ultimi anni della sua vita Leopardi scrive i Pensieri, 111 testi brevi che contengono riflessioni su temi filosofici e politici.


L’Epistolario di Leopardi è tra i più belli della letteratura italiana. Raccoglie più di 900 lettere indirizzate ai familiari e a importanti intellettuali dell’epoca.


I Canti sono l’opera più importante di Leopardi, e riflettono il suo percorso spirituale dal 1817 al 1836.


Le Operette morali, che compone tra il 1824 e il 1832, sono una raccolta di 24 dialoghi e novelle. Lo stile è ironico, le situazioni descritte sono varie. I temi sono il rapporto dell’uomo con gli altri e con la natura, il confronto tra passato e presente, la potenza delle illusioni.

I saperi fondamentali di letteratura - volume 2
I saperi fondamentali di letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento