Cronache dal passato - Il marito di Grazia Deledda e la beffa di Luigi Pirandello

CRONACHE dal PASSATO

  Il marito di Grazia Deledda e la beffa di Luigi Pirandello

Nella sua vita, Grazia Deledda ha avuto un fedele alleato: Palmiro Madesani, il marito. La felicità della loro unione era una cosa risaputa e non mancò di suscitare invidie e gelosie

Luigi Pirandello non sopportava quella coppia felice, che aveva conosciuto e frequentato a Roma, in particolare quell’uomo dai baffi meravigliosi e dall’educazione raffinata che si era ridotto a fare da factotum della moglie: finì infatti per ribattezzarlo “Grazio Deleddo”. Non solo: per prenderlo in giro scrisse pure un romanzo, Suo marito, apparso per la prima volta nel 1911, e poi riedito postumo nel 1941, con il titolo Giustino Roncella nato Boggiolo.

Un romanzo-sfottò

Entrambi i titoli alludono ironicamente (era abitudine riportare sui documenti il cognome da nubile delle donne sposate) alla singolare situazione del protagonista, un umile impiegato dell’archivio notarile, che si trova a essere il marito di una celebre scrittrice, Silvia Roncella. Anziché accettare il suo posto all’ombra della moglie, il marito ne diventa il promotore pubblicitario e l’amministratore finanziario, preso in un vortice d’attività che lo fa illudere di essere un elemento indispensabile per il lavoro e per il successo della consorte.

Pare che Pirandello avesse cominciato a pensarci già nel 1905: un romanzo per canzonare Palmiro Madesani, che effettivamente, dopo aver spostato Grazia Deledda, ne era diventato una sorta di segretario e di agente, condividendo la felicità del premio Nobel e il lungo viaggio a Stoccolma nel dicembre 1926 per ritirarlo. Il drammaturgo siciliano non riusciva a digerire il rapporto idilliaco tra Grazia e Palmiro, forse perché non poteva fare a meno di paragonare quella felice situazione familiare alla propria, di tutt’altro tenore.

L’invidia di Pirandello

Rossana Dedola, biografa della scrittrice sarda, ricorda una sua frase pronunciata da Pirandello al suo amico giornalista Ugo Ojetti, direttore del “Corriere della Sera” tra il 1926 e il 1927: «Ho la moglie, caro Ugo, da molti anni pazza. E la pazzia di mia moglie sono io». Pirandello viveva infatti con la moglie, Antonietta Portulano, un rapporto di gelosia, reciproca e paranoica, segnato da liti furiose e scenate isteriche (tanto che la donna finirà in una casa di cura). Fatto sta che lo scrittore propone a Treves il romanzo Suo marito. Ma, con suo sommo disappunto, l’editore lo rifiuta, avendo evidentemente intuito i non tanto velati riferimenti alla Deledda.

In ogni caso Pirandello riesce a pubblicare il suo romanzo presso l’editore Quattrini di Firenze. E, recitando pure la parte della vittima, scrive a Ojetti: «Ti assicuro, mio caro Ugo, che è una persecuzione ingiustissima!». Giura infatti di aver preso dalla realtà solo lo spunto iniziale: «Che povertà di spirito, che angustia mentale in quella Deledda! Non capire che reagendo così stuzzica peggio la curiosità morbosa di questo sporco e meschino cortile di pettegolezzi che è il nostro odierno mondo letterario».

La reazione di Grazia Deledda

La Deledda non perdonò Pirandello. Si oppose infatti non solo alla pubblicazione del romanzo, ma anche al conferimento del Nobel allo scrittore. In una lettera del 1934 allo scrittore Marino Moretti, il giornalista Antonio Baldini scriveva: «Hai visto che la sarda ha detto no ai vecchioni di Stoccolma? Che donna!». Una donna determinata e un marito intelligente. Al quale nel 1905 Grazia aveva scritto sul romanzo Nostalgie la seguente dedica: «Ricordando appunto il semplice romanzo dei nostri primi anni di matrimonio, oggi che un po’ per la mia buona volontà, molto per la tua attività intelligente, senza mai abbassarci ad una transazione con la nostra coscienza, abbiamo raggiunto quasi tutti i nostri sogni, dedico a te, mio caro compagno di lavoro e di esistenza, questo racconto...».

Vola alta parola - volume 5
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Il secondo Ottocento