La guerra-farmaco

Letteratura e Grande guerra La guerra-farmaco La spasmodica attesa della guerra Nel nostro paese la fine dell età giolittiana è punteggiata dalle speranze dell imminente ritorno di un altra guerra, dopo la conquista della Libia. Incoraggiati dall esito vittorioso dell impresa, molti scrittori italiani si lanciano negli auspici di un «caldo bagno di sangue nero (Giovanni Papini, 1881-1956) e in eccitati annunci di un epoca nuova inaugurata dalla bellezza delle armi («Salute al nuovo mondo! , grida Giuseppe Prezzolini, 1882-1982, dalle colonne della rivista La Voce nel 1914). D altronde abbiamo già visto come nel Manifesto di fondazione del Futurismo (1909; † T1, p. 793) la guerra sia stata esaltata in quanto «sola igiene del mondo e come perfino poeti insospettabili non abbiano resistito alla tentazione di applaudire all impresa coloniale italiana: è stato il caso del mite Giovanni Pascoli (1885-1912) che nel 1911 ha scritto il celebre discorso La grande proletaria si è mossa. che spiega il coinvolgimento delle masse parlando della guerra come «farmaco . Farmaco contro che cosa? Innanzitutto contro il trasformismo parlamentare, contro la timorosa democrazia, contro il socialismo livellatore e il materialismo, che ne rappresenterebbe il fulcro ideologico. La guerra conferirebbe all individuo una morale spirituale, attraverso la quale gli interessi personali vengono sottomessi al bene collettivo della nazione. Secondo il principale esponente del nazionalismo italiano, Enrico Corradini (1865-1931), l idea del popolo sostituisce quella della classe sociale e lo spirito religioso e idealista della guerra si impone sul gretto utilitarismo e sull interesse del singolo: il brano che segue è tratto da un suo discorso pronunciato a Savona il 15 dicembre 1913. L impresa libica come prova generale Proprio l esperienza libica costituisce, per molti versi, l antefatto o il banco di prova della retorica nazionalista che si accende di lì a poco durante la campagna interventista. In quell occasione è soprattutto Gabriele d Annunzio (1863-1938) a farsi promotore di un rilancio in grande stile dei miti della grandezza italiana, dalla romanità al Risorgimento, in un trionfo di parole d ordine che infiammano l immaginazione e il desiderio di riscatto della borghesia italiana. Lo stesso vate, pochi anni dopo, costituisce la punta di diamante dell eterogeneo fronte di politici, sindacalisti e letterati che mediante la guerra intendono abbattere il nemico interno, cioè Giolitti, e il suo riformismo democratico. La guerra come antidoto alla democrazia e al materialismo Invitando il popolo italiano alla «fratellanza latina con la Francia contro il barbaro tedesco , d Annunzio inaugura il proprio incendiario programma di comizi nel cosiddetto maggio radioso del 1915. Che cosa celebrano il poeta e i suoi seguaci? In che modo persuadono l opinione pubblica alla necessità della guerra? Per rispondere, possiamo servirci della definizione data dallo storico Mario Isnenghi, 860 Aldo Molinari, Lo squillo di guerra, disegno di propaganda interventista pubblicato su "L'illustrazione italiana" n. 21, 23 maggio 1915, p. 435.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi