Il tesoro della letteratura - volume 3

Il primo Novecento in sintesi Le passioni impetuose sono ridimensionate e ridotte a sentimenti umili e, talvolta, quasi ridicoli. L amore è per lo più infelice e deludente. La donna amata non ha nulla delle donne attraenti e provocanti. spesso una semplice ragazza di paese, priva di fascino e di sensualità. La banalizzazione e l abbassamento coinvolgono anche i luoghi e gli oggetti della poesia. Tutto è semplice, umile, piatto, anonimo. Lo sguardo del poeta spesso si sofferma su dettagli che, agli occhi del lettore, appaiono privi di significato. La demistificazione dell amore e la rivisitazione della figura femminile Ogni aspetto esistenziale viene ricondotto all interno di una dimensione ordinaria, o addirittura banalizzante. Bandite le passioni eccezionali e i sentimenti travolgenti, l unico orizzonte possibile è quello di una schiva semplicità, che cancella ogni traccia di eroico romanticismo. L amore si trasforma in disinganno, nel vagheggiamento di relazioni impossibili e infelici o nella mesta fascinazione per donne laboriose, di umili origini. Al posto delle donne sublimi e delle amanti fatali compaiono vecchie ballerine, semplici ragazze di paese, buone e oneste, ma senza particolari attrattive fisiche o intellettuali. Nel catalogo delle figure femminili crepuscolari non c è spazio per una donna come l enigmatica, raffinata e sensuale Elena Muti del Piacere di d Annunzio, sostituita dalle semplici «signorine domestiche . Il mito della semplicità Anche le ambientazioni cambiano: non più dimore rinascimentali o parchi ricchi di una preziosa vegetazione esotica, ma cucine, solai e polverosi salotti piccolo-borghesi con i mobili ricoperti da fodere che dovrebbero contrastare l azione del tempo. I luoghi cantati dalla poesia crepuscolare sono modesti e familiari (vecchie città, parchi e passeggiate domenicali), desueti, grigi (ospedali e conventi). Sugli spazi aperti e maestosi prevalgono gli ambienti piccoli e chiusi. Allo stesso modo gli oggetti che compaiono sono per lo più le piccole e insignificanti cose di tutti i giorni: fotografie ingiallite che ritraggono persone non più giovani, altarini e tabernacoli di piccole chiese, orologi, specchi, organetti dalla musica struggente. Gozzano ce ne dà un campionario indicativo nella prima strofa di una lirica intitolata L amica di nonna Speranza: pappagalli impagliati, fiori in cornice, scatole di confetti vuote, frutti di marmo sotto campane di vetro, acquerelli sbiaditi, stampe, vecchie tele, orologi a cucù. Il poeta li definisce «buone cose di pessimo gusto : oggetti obsoleti e kitsch , diremmo oggi, ma anche cari all autore, che non riesce a staccarsene, perché, sul piano psicologico, rappresentano il legame con un passato dal quale sarebbe troppo doloroso separarsi radicalmente. Tra malinconia e ironia Sono tutti aspetti di quell abbassamento dei temi e dei toni che ha spinto il critico Mirko Bevilacqua a individuare in Gozzano, e più in generale nei Crepuscolari, il fondamentale momento di passaggio dalla poesia «maiuscola della tradizione a quella poesia «minuscola che rappresenterà la parte più innovativa della lirica novecentesca: la poesia delle piccole cose , che avrà, tra i suoi esponenti, autori come Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Umberto Saba, Sandro Penna, Giorgio Caproni. Quella dei Crepuscolari è dunque una realtà triste e malinconica; ma non va trascurata la componente ironica attraverso cui, soprattutto in alcuni di questi autori, tale realtà viene filtrata. Si può anzi affermare che la malinconia e l ironia sono due facce della stessa medaglia, essendo entrambe schermi che impediscono un adesione autentica alla vita e ai sentimenti. la parola La poesia crepuscolare canta le piccole cose ed è stata per questo definita poesia «minuscola . I toni sono malinconici, ma al contempo ironici. lo fanciullo che piange , scrive Sergio Corazzini (Desolazione del povero poeta sentimentale); e prova vergogna per la propria condizione, percepita come anacronistica («Io mi vergogno, / sì, mi vergogno d essere un poeta , scrive Guido Gozzano nella Signorina Felicita). 750 Kitsch Probabilmente derivato dal tedesco dialettale kitschen, intrugliare , il termine kitsch indica la produzione di oggetti apparentemente artistici, ma in realtà di cattivo gusto e caratterizzati da ornamentazione dozzinale. Per estensione, il vocabolo è poi passato a connotare anche un gusto o un comportamento eccentrico, innaturale ed eccessivo.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi