Il tesoro della letteratura - volume 3

Il primo Novecento 30 35 40 45 50 55 60 65 70 3 diaccia: ghiacciata. 646 nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo av vertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l umoristico. [ ] Abbiamo detto che, ordinariamente, nella concezione d un opera d arte, la ri flessione è quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimen to si rimira. Volendo seguitar quest immagine, si potrebbe dire che, nella concezio ne umoristica, la riflessione è, sì, come uno specchio, ma d acqua diaccia,3 in cui la fiamma del sentimento non si rimira soltanto, ma si tuffa e si smorza: il friggere dell acqua è il riso che suscita l umorista; il vapore che n esala è la fantasia spesso un po fumosa dell opera umoristica. [ ] Nella sua anormalità, non può esser che amaramente comica la condizione d un uomo che si trova ad esser sempre quasi fuori di chiave, ad essere a un tempo violino e contrabbasso, d un uomo a cui un pensiero non può nascere, che subito non gliene nasca un altro opposto, contrario; a cui per una ragione ch egli abbia di dir sì, subito un altra e due e tre non ne sorgano che lo costringono a dir no; e tra il sì e il no lo tengan sospeso, perplesso, per tutta la vita [ ]. E quest appunto distingue nettamente l umorista dal comico, dall ironico, dal satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario; se nascesse, sarebbe reso amaro, cioè non più comico, il riso provocato nel primo dall avvertimento di una qualsiasi anormalità; la contradizione che nel secondo è soltanto verbale, tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso, diventerebbe effettiva, sostanziale, e dunque non più ironica; e cesserebbe lo sdegno o, comunque, l avversione della realtà che è ragione di ogni satira. [ ] Ora la riflessione, sì, può scoprire tanto al comico e al satirico quanto all umo rista questa costruzione illusoria. Ma il comico ne riderà solamente, contentandosi di sgonfiar questa metafora di noi stessi messa su dall illusione spontanea; il sati rico se ne sdegnerà; l umorista, no: attraverso il ridicolo di questa scoperta vedrà il lato serio e doloroso; smonterà questa costruzione ideale, ma non per riderne solamente; e in luogo di sdegnarsene, magari, ridendo, compatirà. [ ] L arte in genere astrae e concentra, coglie cioè e rappresenta così degli individui come delle cose, l idealità essenziale e caratteristica. Ora pare all umorista che tutto ciò semplifichi troppo la natura e tenda a rendere troppo ragionevole o almeno troppo coerente la vita. Gli pare che delle cause, delle cause vere che muovono spes so questa povera anima umana agli atti più inconsulti, assolutamente imprevedi bili, l arte in genere non tenga quel conto che secondo lui dovrebbe. Per l umorista le cause, nella vita, non sono mai così logiche, così ordinate, come nelle nostre comuni opere d arte, in cui tutto è, in fondo, combinato, congegnato, ordinato ai fini che lo scrittore s è proposto. L ordine? la coerenza? Ma se noi abbiamo dentro quattro, cinque anime in lotta fra loro: l anima istintiva, l anima morale, l anima affettiva, l anima sociale? E secondo che domina questa o quella, s atteggia la no stra coscienza; e noi riteniamo valida e sincera quella interpretazione fittizia di noi medesimi, del nostro essere interiore che ignoriamo, perché non si manifesta mai tutt intero, ma ora in un modo, ora in un altro, come volgano i casi della vita.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi