Il tesoro della letteratura - volume 3

Il secondo Ottocento possesso esclusivo: quella cantata da Pascoli è la sua sera, vale a dire la sua vita che, nell estremo ritorno all innocenza infantile, gli permette di abbandonarsi al sonno, alla quiete e all oblio del dolore e del male. L immersione nel nulla Il suono e i simboli della pace (vv. 1-12) Al tempo stesso, il costante sottofondo del suono delle campane (Don Don , v. 33), quasi assorbito nella dimensione naturale della campagna, e l anafora* del Dormi (co me una nenia, un eco cullante della voce delle campane) preparano prima il ricongiun gimento del poeta con la madre e con l infanzia, poi lo sprofondamento nel sonno, qua si a dire nel nulla, nell abisso riservato al destino umano. Le scelte stilistiche Nel gioco di rimandi tra immagini concrete e significati simbolici, La mia sera offre un esempio tra i più efficaci dell espressività poetica pascoliana. Lo stacco tra passato e presente è suggerito subito nel primo verso, dove il verbo al passato remoto (fu) e il pun to e virgola segnano una cesura netta con i versi successivi: all agitazione della tempesta subentra l inerzia pacata della sera, sulla quale pare coricarsi la luce delle stelle (vocabo lo che Pascoli ripete due volte le stelle, le tacite stelle, vv. 23 , come a indugiare sul lo ro atteso sopraggiungere). La gioia, appena accennata, per la pace serale è indotta dal gracidio delle rane (poi chiamate allegre ranelle, v. 11), dal tessuto di suoni reso armonico grazie al ricorrere della e e della r (tremule, trascorre, leggiera, vv. 56, fino alla parola chiave sera, v. 8), dalla lieve brezza che fa tremare le foglie, dall analogia* sottintesa tra le stelle nel cielo, che Si devono aprire (v. 9), e le corolle dei fiori su un prato. Le risonanze autobiografiche (vv. 13-32) Come l uomo, abituato al pianto per le sofferenze patite, anche la natura non dimenti ca il proprio turbamento e, ora che la tempesta è passata, il suo dolce singulto (v. 15) ri vela ancora una sottile inquietudine; d altro canto, la sera (vale a dire, metaforicamen te, la vecchiaia) suggerisce al poeta di guardare con maggiore distacco ai dolori vissuti: La nube nel giorno più nera / fu quella che vedo più rosa / nell ultima sera (vv. 2224). Ma questo non è l unico richiamo autobiografico che è possibile cogliere sotto la super ficie della descrizione naturalistica di un momento del giorno. Anzi, si può dire che in questa seconda parte del componimento l esperienza personale si mostra chiaramente. Alla fine della terza strofa Pascoli esprime la propria stanchezza, cercando nella se ra il riposo che le sofferenze della vita gli hanno precluso (O stanco dolore, riposa!, v. 21). Poi, nella penultima strofa, assistiamo a un altro parallelismo: la vita del poeta viene infatti assimilata alla giornata, priva di cibo, vissuta dalle piccole rondini, alle quali si allude per metonimia* (i nidi, v. 29). Anche il poeta, come loro, non ha avuto nel cor so degli anni la porzione di felicità che gli spettava: il reticente Né io (v. 31) sintetizza la sua autoesclusione dalla vita e la solitudine patita dopo la violazione del «nido casa dell infanzia, privato per sempre del cibo dell amore. La voce del nulla (vv. 33-40) L ultima strofa è infine caratterizzata, ma sarebbe meglio dire dominata, dall evocazione fonosimbolica: l onomatopea* del suono delle campane e l insistita allitterazione* (con la ricorrenza della d, accentuata dall invito Dormi!) creano un atmosfera di sonno lenza che fa scivolare il soggetto verso l infanzia e, al tempo stesso, verso il nulla (v. 39, il sonno, la morte). Il tono di voce delle campane si fa sempre più basso; l anticlimax* dei verbi dicono, cantano, sussurrano, bisbigliano sembra suggerire proprio questa lenta, si lenziosa e progressiva discesa verso l incoscienza. 338

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi