Il tesoro della letteratura - volume 3

Il secondo Ottocento 165 Ma il mio stomaco non c è avvezzo Rimandatemi a casa mia. Voglio chiuder gli occhi dove son nato! . [ ] [Gesualdo, sentendo la fine vicina, vuole stilare il testamento. Poi ha un ultimo dialogo con la figlia.] Gli ultimi desideri di Gesualdo morente 170 175 180 185 190 195 Ansimava perché aveva il fiato corto, ed anche per l emozione. Guardava intorno, sospettoso, e seguitava ad accennare del capo, in silenzio, col respiro affannato. Ella pure volse verso l uscio gli occhi pieni di lagrime. Don Gesualdo alzò la mano scarna, e trinciò una croce in aria,21 per significare ch era finita, e perdonava a tutti,22 prima d andarsene. «Senti Ho da parlarti intanto che siamo soli . Ella gli si buttò addosso, disperata, piangendo, singhiozzando di no, di no, colle mani erranti23 che l accarezzavano. L accarezzò anche lui sui capelli, lentamente, senza dire una parola. Di lì a un po riprese: «Ti dico di sì. Non sono un ragazzo Non perdiamo tempo inutilmente . Poi gli venne una tenerezza. «Ti dispiace, eh? ti dispiace a te pure? .24 La voce gli si era intenerita anch essa, gli occhi, tristi, s erano fatti più dolci, e qualcosa gli tremava sulle labbra. «Ti ho voluto bene anch io quanto ho potuto come ho potuto Quando uno fa quello che può .25 Allora l attirò a sé lentamente, quasi esitando, guardandola fisso per vedere se voleva lei pure, e l abbracciò stretta stretta, posando la guancia ispida su quei bei capelli fini. «Non ti fo male, di ? come quand eri bambina? .26 Gli vennero insieme delle altre cose sulle labbra, delle ondate di amarezza e di passione, quei sospetti odiosi27 che dei bricconi, nelle questioni d interessi, avevano cercato di mettergli in capo. Si passò la mano sulla fronte, per ricacciarli indietro, e cambiò discorso. «Parliamo dei nostri affari.28 Non ci perdiamo in chiacchiere, adesso . Essa non voleva, smaniava per la stanza, si cacciava le mani nei capelli, diceva che gli lacerava il cuore, che gli pareva un malaugurio, quasi suo padre stesse per chiudere gli occhi. «Ma no, parliamone! , insisteva lui. «Sono discorsi serii. Non ho tempo da perdere adesso . Il viso gli si andava oscurando,29 il rancore antico gli corruscava30 negli occhi. «Allora vuol dire che non te ne importa nulla come a tuo marito . Vedendola poi rassegnata ad ascoltare, seduta a capo chino accanto al letto, cominciò a sfogarsi dei tanti crepacuori31 che gli avevano dati, lei e suo marito, 21 trinciò aria: fece in aria un gesto co- me a disegnare una croce. 22 perdonava a tutti: il complemento oggetto retto dalla preposizione a è un tipico costrutto dialettale siciliano. 23 erranti: frenetiche, in movimento. 24 ti dispiace a te pure?: Gesualdo prova a convincere sé stesso di non essere solo. Ma la domanda rivolta alla figlia rivela che si tratta di un pietoso autoinganno. 25 Ti ho voluto può: Gesualdo ripete 194 termini e frasi per poi non concluderle: è la conseguenza dell affanno della sua voce, ma anche dell emozione da cui è attanagliato. 26 come bambina: quando la barba del padre, in atto di baciarla, le pungeva il volto. 27 quei sospetti odiosi: Verga si riferisce alle dicerie peraltro fondate che Isabella non fosse realmente figlia di Gesualdo, ma il frutto di una relazione avu- ta dalla moglie prima del loro matrimonio. 28 Parliamo affari: l interesse economico fa breccia nell animo di Gesualdo anche alla vigilia della morte. 29 Il viso gli si andava oscurando: Gesualdo ha intuito l inutilità dei suoi sforzi e l impossibilità del colloquio: tuttavia non rinuncerà a cercare fino alla fine la solidarietà della figlia. 30 corruscava: lampeggiava. 31 crepacuori: sofferenze, dispiaceri.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi