Il tesoro della letteratura - volume 2

Il primo Ottocento 140 O forse erra dal vero, mirando all altrui sorte, il mio pensiero: forse in qual forma, in quale stato che sia, dentro covile o cuna, è funesto a chi nasce il dì natale. 139-140 erra pensiero: ma forse, consi- derando il destino altrui (come quello del gregge o della luna), il mio pensiero si allontana dalla verità (erra dal vero). 141-142 in qual forma sia: in qualunque forma o condizione (stato). 142-143 dentro natale: sia che si nasca in una tana (covile), come gli animali, sia che si nasca in una culla (cuna), come gli esseri umani, il giorno della nascita (il dì natale) porta dolore e infelicità (funesto) a chi nasce. Analisi ATTIVA L infelicità come legge universale I contenuti tematici Nello Zibaldone Leopardi narra di aver letto nel settembre del 1826 sulla rivista scientifica francese Journal des Savants il resoconto di un viaggiatore russo nelle steppe dell Asia centrale, nel quale si raccontava che i pastori kirghisi abitanti in quelle regioni «trascorrono la notte seduti su un sasso a contemplare la luna, e a improvvisare parole molto tristi su arie che non lo sono meno . Da qui deriva con ogni probabilità lo spunto per il componimento, che segna il passaggio dai canti incentrati sul ricordo (come A Silvia) a quelli che si svolgono direttamente attorno a un nucleo di meditazione filosofica, affrontando il tema di un infelicità esistenziale vista ormai come legge universale. La tragedia di questa condizione si abbatte così a prescindere dalle sovrastrutture della civiltà e della cultura, essendo incombente sul destino di tutti gli uomini. Per questo il poeta sceglie di affidare il proprio pensiero a un pastore, cioè a un alter ego immerso in un tempo indefinibile, in uno spazio desertico e sterminato, figura estranea ai meccanismi del progresso, testimone di un dolore eterno, cosmico e senza eccezioni, connaturato all esistenza in quanto tale: anche l illusione di un armonico e primitivo stato di natura lontano dalla corruzione dei tempi moderni si rivela ormai come un irrealizzabile utopia. 1 Individua nel testo i riferimenti alla vita nomade del pastore. 2 Quale finale desiderio di felicità viene espresso dal pastore? Domande senza risposta 968 Dando la propria voce a un pastore nomade dell Asia, il poeta rivolge alla luna ansiose domande sul senso della vita umana e sul mistero dell universo, interrogativi che gli individui si pongono da sempre. L interrogazione presenta da subito una contraddizione rivelatrice: il dimmi del v. 1, replicato nei vv. 16 e 18, si scontra infatti con il primo attributo conferito alla luna, silenziosa (v. 2); ciò tuttavia non induce al silenzio il pastore, che presuppone nella reticente interlocutrice un sapere a lui ignoto; anzi, tale convinzione si accentua nel corso del canto, in un climax che parte in forma dubitativa per poi giungere a una assoluta certezza: tu forse intendi, v. 62; E tu certo comprendi, v. 69; Tu sai, tu certo, v. 73; Mille cose sai tu, mille discopri, v. 77; Ma tu per certo, / giovinetta immortal, conosci il tutto, vv. 98-99. Successivamente (vv. 105-132) il pastore si rivolge con la stessa supplica (dimmi, v. 129) al gregge, che ritiene più felice dell uomo, poiché inconsapevole e dunque libero dal tedio che opprime gli esseri umani raziocinanti quando vengono meno le sensazioni, tanto piacevoli quanto dolorose, e l animo si ritrova come svuotato dinanzi alla vanità e all insignificanza dell esistenza. Infine, nell ultima strofa, egli immagina una felicità che potrebbe essere possibile se solo la sua condizione fosse diversa (come, per

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento