Il tesoro della letteratura - volume 2

Alessandro Manzoni I promessi sposi visita in paese del cardinale Borromeo. Qualche ora più tardi, ammesso al suo cospetto, scoppierà in un pianto dirotto, che ne suggellerà l avvenuta conversione. Un eroe romantico Il soliloquio Le parole di Lucia fanno emergere un disagio già presente nell Innominato, che da tempo prova una certa insofferenza al ricordo delle sue pessime azioni. Toccato il culmine della potenza, egli ha sentito sprigionarsi in sé un inquietudine che gli fa apparire insensato il percorso compiuto. Ciò che un tempo lo eccitava, ora lo lascia indifferente, e di lì a poco gli susciterà orrore. Incontentabile, deluso dalla vita, ansioso di trovare una diversa dimensione nella sua esistenza, l Innominato è la figura dei Promessi sposi più vicina al profilo dell eroe romantico. Ora il passato prende ai suoi occhi nuove tinte: si sorprende (non son più uomo!, rr. 24-25) nell accorgersi di come il suo disprezzo verso la femminilità si tramuti in rispetto dinanzi alla malcapitata Lucia, che diviene una messaggera della retta via. Lucia, infatti, a pronunciare la frase di speranza che lo ossessiona e determina la svolta del suo modo di sentire: «Dio perdona tante cose, per un opera di misericordia! . All inverso, egli non sa capacitarsi di come abbia potuto dare la sua parola a un personaggio disprezzabile come don Rodrigo. Il percorso verso il bene non è tuttavia piano e rettilineo. Nell ennesima notte drammatica del romanzo (dopo la notte degli imbrogli , con il tentato matrimonio e la fuga al chiaro di luna di Renzo verso l Adda) l Innominato conosce momenti di disperazione. A tratti si riaffaccia in lui la fosca speranza di ripigliar l animo antico (r. 98); la tentazione di rivolgere verso sé stesso la remota consuetudine con la violenza, di uccidersi cioè con un colpo di pistola, è sventata dall orgoglio, che trabocca al pensiero del proprio cadavere umiliato, e della gioia che i nemici avrebbero provato alla notizia della sua morte. A ciò si aggiunge il timore del castigo eterno, che in precedenza non l aveva mai sfiorato. Si scatena così quella «bufera divina che Manzoni aveva invocato nella Pentecoste, perché inducesse nell animo dei violenti uno «sgomento tale da insegnare loro «la pietà . Le scelte stilistiche L esame di coscienza dell Innominato ricorda da vicino i lunghi a solo del teatro di Shakespeare, che Manzoni aveva ben presenti. Possiamo pensare per esempio al monologo angosciato di Riccardo III, che esamina le sue colpe nella tragedia omonima, o ai dubbi di Amleto sulla condotta da tenere. La metamorfosi del personaggio manzoniano, attentamente preparata, si svolge rapidamente. In breve tempo la decisione di liberare Lucia diviene, da eventualità (le posso dire: andate, rallegratevi; posso vedere quel viso cambiarsi, le posso anche dire: perdonatemi, rr. 20-21), certezza (La libererò, sì, r. 43). L evoluzione del suo atteggiamento spirituale accelera sino a farsi riconoscibile in poche righe, come avviene nel passaggio su quell altra vita (r. 76) prospettata dai preti dopo la morte, che diviene subito dopo quest altra vita (r. 79). Nel monologo dell Innominato il narratore spinge la sua onniscienza più a fondo che mai, scavando nelle pieghe di una mente turbata. Il succedersi nervoso dei moti psicologici è illuminato con minuziosa precisione, ora accompagnato da commenti articolati, ora mostrato nei suoi nudi soprassalti. Al culmine della tensione, il processo con cui l Innominato acquista consapevolezza dell irrimediabilità dei propri misfatti arrivando a un passo dal suicidio è costruito attraverso un magistrale crescendo, per coppie binarie (Indietro, indietro, d anno in anno, d impegno in impegno, di sangue in sangue, di scelleratezza in scelleratezza, rr. 57-58) che culminano nella sovrapposizione della propria stessa esistenza al male: le scelleratezze eran tutte sue, eran lui (r. 61). 853

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento